"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

lunedì 30 aprile 2012

Aspettando un'onda di maglie blu


Le comunicazioni si intensificano, la mia casella di posta elettronica è invasa da mail di ragazzi e ragazze di tutta Italia, gli scambi di messaggi si fanno più serrati, il tempo trascorso al telefono a parlare di logistica e canti è sempre maggiore. Nel frattempo studio, tento di dare forma alla mia tesina, di far venire quei dannati esercizi di matematica, dare un senso alla versione di greco. Questo è il mio pre-incontro nazionale. Ma c'è qualcosa in più. Una specie di luccichio negli occhi, simile a quello che da bambini si ha per l'attesa del compleanno, del Natale, di un giorno importante; c'è l'impazienza di avere tutti qui, nella "mia" macroregione, di poter finalmente vedere realizzato un momento sognato tanto, al quale ognuno di noi ha dato il suo piccolo, prezioso contributo. Solo per queste sensazioni, solo per gli scambi di idee di questi giorni mi scopro a pensare che ha avuto senso lottare.

sabato 28 aprile 2012

Ci sono ancora


Sono stata rapita da una settimana d'inferno, per il resto tutto a posto.

lunedì 23 aprile 2012

Avviso per l'utenza

Blogspot ha deciso arbitrariamente di mettere dei link a piacere che portano a pagine di pubblicità. Dunque d'ora in poi i miei link, se mai inserirò link ai miei post, saranno in corsivo.

domenica 22 aprile 2012

Vita vera


La domenica mattina mi piace per la sua lentezza, per la voglia di prolungare il silenzio che gli altri giorni della settimana è rotto dal rumore delle macchine e dal ritmo della quotidianità. Stamattina, oltre a questi piccoli attimi di calma in più mi è stata regalata una storia. Io adoro le storie, soprattutto se mi vengono raccontate, soprattutto se fuori piove, soprattutto se bevo un the verde, soprattutto se c'è un caminetto acceso e due poltrone comode accanto ad esso. Immagini da film? No, vita vera nella casa infondo alla via di un'amica che viene da lontano. E' mettere in comune di un pezzo di strada, di un episodio che sale alla memoria per una parola detta, per il rumore del crepitio della legna. E' stare insieme perchè ho bisogno di raccontare di come ho sconfitto la paura, dei miei sogni di ragazza, delle difficoltà di cominciare una nuova vita in un nuovo paese, dell'Amore che ho incontrato a due passi da casa... mi sono commossa non tanto per il contenuto dei racconti, quanto per la condivisione stessa di essi, per la delicatezza, per la cornice, l'atmosfera.
Momenti speciali, questi, in un posto che posso a viva voce chiamare casa.

Poco tempo fa, in un paese vicino vicino...

... avevamo un tacito accordo: "Io mi occupo delle relazioni con la sede centrale e tu gestisci i referenti di zona e poi ci aggiorniamo". Per mesi abbiamo lavorato bene, le comunicazioni arrivavano, le scadenze venivano rispettate. Poi si sono intromessi i nazionali e hanno stravolto i nostri piani. Ma noi resistiamo.

Un giorno per la terra


Oggi riciclo con più sentimento del solito.

mercoledì 18 aprile 2012

Dottoooooooooore dottooooooooore

"Tu devi venire alla mia laurea non solo perchè sei mia amica ma perchè quando mi è saltato in mente che avrei voluto fare l'infermiera c'eri tu vicino a me, anche se ancora non ti conoscevo bene".

Ieri, un giorno di primavera come tanti. Ieri, una corona d'alloro come tante. Ma la ragazza che ce l'aveva in testa, quella corona, è speciale come poche: una delle mie due AmicheDisperse è finalmente diventata infermiera. C'era la famiglia al completo, le compagne delle superiori, le amiche dell'università... e io. Quando parlava di pazienti e sondini davanti ad una decina di professori con delle toghe nere ero felice. Niente invidia o disagio ma una felicità vera, che nasce dalla condivisione di una tappa importante, del raggiungimento di un obiettivo al quale abbiamo pensato insieme. E allora tanti auguri, Vale e brava, brava veramente.

lunedì 16 aprile 2012

D'oro vero


Sono cresciuta a pane e Cenerentola perciò adoro le storie a lieto fine anche se so che il "vissero per sempre felici e contenti" è riservato ai principi e alle principesse dei libri di fiabe. Ma mi capita di vedere che a volte i principi e le principesse prendono le forme umane e concrete diventando uomini e donne. Un principe e la sua principessa: nonni non miei che vivono insieme da cinquant'anni, persone normali che hanno fatto dell'amore (e non solo di quello fra loro) il denominatore comune di una vita. La loro storia non è scritta sui libri né viene proiettata nei cinema ma proprio perchè quotidiana, autentica, semplice essa è speciale.
A loro, oggi e per gli anni che verranno, grazie.

mercoledì 11 aprile 2012

Delicatezza


"E' il peggiore di tutti, ma io devo sconfiggerlo".

E mi sono come illuminata. Mi sono tornati in mente le mie cose di ogni giorno... La luce della lampada sulla scrivania, la coperta arcobaleno, i cereali nel latte, la nonna che chiede cosa vorrei per pranzo, Stella che ha perennemente fame.
Grazie per avermi riportata a ciò che rende dolce la strada.
Torna a casa presto.

Siamo appena tornati

Qualche tempo fa c'era una pubblicità di una compagni di navi da crociera in cui la gente faceva cose assurde, tipo piangere nella vasca da bagno (no, questo non è poi così strano), bloccare un intero corteo per strada... e la motivazione era sempre "ma sono appena tornato!". Dunque oggi la situazione in classe era la seguente: metà di noi non avevano gli appunti, né il compasso, né i compiti di inglese svolti, né il libro di letteratura giusto... ma prooof, siamo appena tornati!

(Che poi... questo rientro con la pioggia mette una tristezza...)

lunedì 9 aprile 2012

Il sollievo delle cose che restano sempre le stesse



Casa dei nonni è sempre un buon posto per sentirsi coccolati.

domenica 8 aprile 2012

Giorno 9 - "Itaca ti ha dato il bel viaggio"

Giorno 9: mare-Ancona-casa


Ieri sera ho avuto un po' di mal di mare perchè l'Adriatico era mosso perciò ho preso una pastiglia che mi ha fatta dormire profondamente. Il traghetto dondola ancora abbastanza ma non posso poltrire ancora sul mio letto: dobbiamo sistemare la cabina, infatti presto arriveremo in Italia.
Quando arriviamo ad Ancona il tempo è pessimo perchè piove, fa freddo e tuona... insomma, il sole lo abbiamo lasciato in Grecia. Dopo una giornata intera di navigazione ci aspettano altre ore di corriera e mi sembra che casa mia sia più lontana adesso di quanto non lo fosse quando eravamo a Patrasso. Con lentezza ci mettiamo in marcia mentre la pioggia batte forte sui vetri e con sorpresa scopro di riuscire a decifrare ciò che è scritto sui cartelloni pubblicitari ai lati della strada.
Il viaggio è più breve del previsto ma quando arriviamo in città è già buio da un pezzo. Attraversiamo il nostro fiume e poi sulla sinistra compare il campanile del duomo. Una sensazione di tristezza mista a sollievo mi coglie impreparata... sono a casa e tutto è veramente finito. Dopo aver macinato centinaia di chilometri in Grecia come in Italia arriviamo davanti al piazzale della scuola, da dove poco più di una settimana fa siamo partiti. Sto cercando la mia valigia tra le altre quando mi viene in mente una poesia di Kavafis scritta sul mio testo di letteratura greca. Soprattutto mi rimbomba in mente una strofa che avevo cerchiato in rosso:

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?


La mia città di cemento e campi è il puntino numero 1 di questa Grecia, il punto di partenza di un' Odissea indimenticabile.
La mia città è Itaca, anche se non è petrosa, non è sul mare, non ci sono regge. Ma è pur sempre porto sicuro, un cuscino della giusta morbidezza sul quale appoggiare la testa e sognare.  
Perchè, come diceva il mio amico Angelo Petrosino: "E' bello viaggiare e scoprire posti nuovi ma è anche bello, anzi, bellissimo, tornare a casa".

Giorno 8 - "Buon viagio"

Giorno 8: Olimpia-Patrasso-mare
Abbiamo già caricato le valigie nella pancia della corriera e ci stiamo godendo l'ultima tappa della gita. Olimpia è un posto magico non solo per gli sportivi del gruppo, ma anche per me, che ho la coordinazione di una pera e lo spirito agonistico di un calamaro. Tra queste colonne Fidia costruisce la sua opera più imponente, la statua d'oro e avorio di un tranquillo Zeus, considerata dagli antichi una delle sette meraviglie del mondo. Alexandròs ci racconta che anche Erodoto e Tucidide sono stati qui: le Olimpiadi infatti non erano semplicemente un momento di sport ma un'occasione per far conoscere i propri lavori, vendere prodotti, scambiare idee... Quando arriviamo allo stadio molti di noi vogliono correre come gli atleti del passato. Per quanto mi riguarda sto benissimo seduta sulle tribune d'erba a godermi lo spettacolo. Poco lontano dallo stadio c'è un altare al centro della moderna cerimonia di accensione della fiamma olimpica. Ci viene spiegato che questa usanza, comprese le ragazze che danzano e l'invocazione ad Apollo, non nasce in antichità ma con le Olimpiadi di Berlino del 1936: un gesto che vuole significare l'amicizia tra i popoli ma che non ha niente a che fare con il passato greco... anche perchè qui non erano ammesse donne e il santuario era dedicato a Zeus. Il museo adiacente agli scavi non mi dice molto (ho ancora davanti agli occhi quello di Atene) ma la visita è piacevole e tranquilla.
Imbuchiamo le ultime cartoline e partiamo per Patrasso.


Prima che la corriera entri nel porto, Alexandròs ci saluta senza usare neanche una doppia ma mettendo (almeno lui) i congiuntivi al posto giusto. "Buon viagio!", ci grida agitando la mano. Mi aspettavo piuttosto un "buon ritorno a casa" o "auguri" o qualcosa così. "Buon viagio". Ma dove siamo diretti?
Non c'è tempo per pensare: siamo già in ritardo e dobbiamo ancora ritirare le carte d'imbarco.
Buon viagio anche a te, Alexandròs.
Siamo in partenza. La mia stanza è infondo al corridoio del piano più alto della nave. Un luogo introvabile, praticamente, ma almeno ha un oblò da cui si vede il mare. In cabina la radio canta con la voce di un pianoforte una musica lenta e triste, adatta al momento. Con le compagne i discorsi cominciano con un bilancio della gita: le meteore mi sono piaciute, in quell'albergo ho mangiato male e hai visto l'espressione della prof, fammi vedere le foto. Poi prendono una piega un po' più triste, pensiamo al futuro e al passato, alla fine di un'epoca (e a tutte le immagini che essa contiene) e all'inizio di una nuova. "Quando andrete in Grecia vedrete... quando andrete in Grecia farete... quando andrete in Grecia..." Ci hanno ripetuto così per quattro anni e mezzo e ora in Grecia ci siamo stati, abbiamo visto, abbiamo fatto.
La gita è finita. Non ce lo diranno più.



Ma ora sono sul ponte, fuori: qui ho trovato il mio posto sul traghetto e i pensieri si susseguono l'uno all'altro. La Grecia è stato un insieme di puntini uniti: eventi personali e nomi di personaggi mitici e storici sono tenuti insieme da un filo. Ma, mi viene da pensare, la Grecia è solo una parte minima del disegno più grande. Un evento importante, uno dei molti, da segnare in rosso sulla mia linea del tempo. Il fumo esce dai camini della nave e i miei pensieri si perdono con lui. Lo Ionio che stiamo per solcare è argenteo e le campane della chiesa di S. Andrea di Patrasso battono le cinque: è ora di andare.
Come ad Ancona una settimana fa, un boato riempie l'aria e piano piano la costa comincia ad allontanarsi.

Giorno 7 - This is Sparta

Giorno 7: Tolò-Mitràs-Sparta-Olimpia
Oggi attraverseremo tutto il Peloponneso e finalmente vedremo questa famosa Sparta. La strada per Mitràs è abbastanza lunga ma io e i miei compagni, almeno quelli che sono nella mia corriera, siamo armati di cruciverba e a suon di definizioni passano tre ore di viaggio. Mitràs è una cittadina vicino Sparta che si sviluppa sulle colline che costeggiano il fiume Eurota. Anche qui, come alle Meteore scopriamo dei monasteri di età bizantina; questi però non sono ben conservati ma si vedono ancora le pareti dipinte. Alexandròs, che in questi giorni ha dato da mangiare croccantini ai cani randagi di tutta la Grecia, oggi può nutrire anche un asino che se ne sta pacifico per i fatti suoi.


Dopo due ore di monasteri, asini e margherite andiamo a Sparta. "THIS IS SPARTAAA!" è il grido dei miei compagni affamati quando scendiamo dalla corriera. Menelao, Paride, Leonida, Elena... ma dove sono? Nulla è rimasto dell'antica Sparta e nella piazza principale solo la statua di un guerriero ricorda ciò che è stato. Ci consoliamo mangiando. Studiando il menù scopriamo che nel ristorantino dove siamo capitati preparano anche il famoso brodo nero degli spartani: i più coraggiosi sono parecchio tentati dal provarlo però poi capitolano anche loro verso un più sicuro ghiros.


Olimpia è piuttosto lontana da Sparta e la strada è ricca di curve e strapiombi: la Grecia qui è aspra e tagliente. Sopra la nostra testa e a destra c'è una parete di roccia arancione e a sinistra un burrone del quale non vediamo il fondo. I movimenti dell'autista sono lenti e brevi come quelli di un ago che cerca il punto giusto da cui uscire. Tratteniamo il fiato perchè abbiamo veramente paura di finire laggiù. Attimi di panico. Quando finalmente passiamo il punto critico scoppia un applauso per il nostro Tino.
Arriviamo ad Olimpia tardi e tramortiti dal sonno ma abbiamo le forze per riunirci nelle nostre stanze e stare insieme. Dobbiamo preparare le valigie e gli zaini per il traghetto, stasera, perchè questa è la nostra ultima notte in terra greca.
Per dimenticare ci imbottiamo di torta al cioccolato.

sabato 7 aprile 2012

Giorno 6 - Un attacco di adolescenza

Giorno 6: Tolò-Tirinto-Nemea-Micene-Epidauro-Tolò
Questa sarà una giornata di brevi spostamenti ma intense scarpinate. Tirinto non mi dice molto: questi luoghi archeologici mi interessano molto ma qui non riesco proprio ad immaginarmi il grande palazzo di cui sta parlando la guida. Lo stesso mi succede a Nemea, dove quattro colonne non sono sufficienti a far apparire nella mia mente un tempio.
A Micene le cose vanno un po' meglio, la Porta dei Leoni (che poi leoni non sono) è davvero imponente come me l'ero immaginata ma per arrivare fino in cima la salita è piuttosto faticosa, Alexandròs è una capretta saltellante tra un sasso e l'altro e io fatico a stargli dietro. Oggi c'è qualcosa che non va, è una di quelle giornate che non riescono ad ingranare bene e il problema è mio. Credo di avere un attacco acuto di adolescenza, tipo che se sei sola vorresti stare in compagnia e se sei in compagnia vorresti stare da sola e non va mai bene niente e chissenefrega delle cisterne e di Schliemann che ha trovato tutto questo posto compresi i tesori di Agamennone. Micene non aiuta: fuori dal sito la cittadina è polverosa, mi ricorda tanto Ioannina; c'è un'unica strada ai lati della quale piccole taverne e ristorantini che stanno in piedi con il nastro-carta. I ristoratori mi ricordano i personaggi del teatro dell'assurdo: improbabili, fuori dal tempo, ci impiegano una vita a portarti un the freddo. Se Beckett fosse vissuto in Grecia avrebbe di sicuro scelto questa ambientazione e questi uomini per il suo "Waiting for Godot". Ecco cosa c'è: stanno aspettando qualcuno che non arriva mai e io mi illudo che stanno aspettando proprio me e i miei compagni assetati.

Epidauro invece mi piace. Il teatro è veramente ben conservato, e l'acustica è eccezionale. Ci viene proposto quello che credo il solito giochetto dello strappo della carta ma assicuro che l'ho sentito anch'io che sono seduta in alto. Non fatico ad immaginare questo posto completo di scenografia e altare di Dioniso al centro dell'orchestra. Se guardo bene si vedono anche i coreuti che entrano dai parodoi.

Giorno 5 - "Qui dentro c'è una parte della vostra vita"

Giorno 5: Atene-Eleusi-istmo di Corinto-Nauplia-Tolò
"Ricordatevi questo momento perchè qui dentro c'è una parte della vostra vita".
Queste le parole che il coordinatore del viaggio, con un po' di teatralità, ammettiamolo, pronuncia a 150 maturandi al liceo classico prima di entrare al Museo Archeologico Nazionale di Atene. Sul momento resto senza fiato. Qui c'è un po' di me. No, io non posso essere tra queste mura: il mio regno sono gli spazi aperti, le colline e i prati che si perdono nell'orizzonte. Ma varcata la soglia cambio idea e, sì, mi riconosco. Una statuetta di un suonatore di biflauto della collezione cicladica è la prima cosa che attira la mia attenzione. E' bianca, perfetta, piccola, discreta, composta... insomma, tutto ciò che non sono io. Non ha neanche gli occhi ma è come se mi osservasse. Tra noi ci sono 3000 anni di differenza eppure oggi la sua anima di marmo bianco si intona con la mia. In un'altra sala c'è la famosa maschera di Agamennone. Ci viene detto che in realtà non è di Agamennone e un po' mi dispiace che non sia sua però mi impressiona: è come una foto che viene da lontano. Camminiamo tra le sale fino a che veniamo portati davanti ad un Kouros, uno dei tanti, qui. Ma questo ha in sé qualcosa di speciale: rappresenta un ragazzo morto in battaglia per il quale suo padre ha fatto costruire questa statua. Sulla base si legge chiaramente "Passeggero, fermati e guarda il mio Croiso". Mi viene da sorridere e un po' mi commuovo perchè questo amore ha oltrepassato i secoli. Anche io, passeggera del 2012, mi sono fermata a guardare Croiso. Nelle altre sale ci sono reperti più famosi, quelli che abbiamo sulle nostre copertine dei libri di letteratura greca e storia dell'arte ma io resto affascinata dall'apparente anonimato del flautista e del Kouros: sono silenziosi e vivono in disparte, quasi non volessero disturbare.
Uscendo dal museo tornano forti in mente le parole con cui abbiamo cominciato questa giornata: "Qui dentro c'è una parte della vostra vita".
Con gli occhi lucidi mi trovo a considerare che, sì, qui ci sono anch'io.


Eleusi oggi si trova alla periferia di Atene e non è rimasto poi molto dell'antico santuario dedicato a Demetra. C'è vento e la camomilla profuma l'aria ma oltre a questo non riesco a stupirmi di nulla, neanche della grotta da cui è uscito Ade per rapire Proserpina. Forse sono ancora frastornata dal museo.
L'istmo di Corinto è un breve canale che collega il mar Ionio al mar Egeo. Osservarlo dal ponte pedonale è un'esperienza di vertigine che fa girare la testa. Mi fermo prima della metà, ho paura che mi cadano gli occhiali nella gola azzurra.


Quando arriviamo a Nauplia mi sembra di essere tornata indietro nel tempo. E' una piccola cittadina di mare, una di quelle in stile veneziano, in cui da bambina passavo le vacanze. Le calli, le lanterne, le case colorate e i negozietti che si accalcano uno sull'altro, tutto mi sembra familiare. Alexandròs porta un gruppetto di noi a fare una passeggiata sul lungo mare e scopro che l'Egeo ha un'infinità di sfumature alle quali neanche io, che avevo il nonno che dipingeva,so dare un nome. Mi dico che se mai avrò un giorno avrò una casa almeno una parete avrà il colore di questo mare.
Quando arriviamo a Tolò è già sera e ho solo voglia di andare a dormire. Domani sarà un'altra giornata di scarpinate.

venerdì 6 aprile 2012

Giorno 4 - Tra le vie dell'antica Atene

Giorno 4: Atene
Oggi non ci sposteremo da Atene, tenteremo di scoprire e riconoscere i luoghi della democrazia, della filosofia, del commercio. Tra le strade di cemento dell'Atene moderna c'è un cancello, oltrepassato il quale si entra nell'antica agorà. Se si chiudono gli occhi si possono sentire i profumi che vengono da lontano, un vociare confuso non diverso dai mercatini di oggi, la delicatezza delle stoffe orientali. Alexandròs ci porta a vedere da vicino il tempio di Efesto (che, a occhio, pare meglio conservato del vicino Partenone) il luogo in cui si riunivano le assemblee e il tholos che ci ha fatti impazzire durante l'ultimo compito di greco. "Ragazzi, Socrate, Platone, hanno passeggiato qui tra questi alberi, si dice che Diogene dormisse proprio accanto a quel tempio" e il pensiero di tutti corre a scuola dal nostro imponente professore.


Una salita ci porta finalmente all'Acropoli. I Propilei sono davvero maestosi e la gente si ammassa, oggi come ieri, sulle gradinate. Alexandròs si irrita perchè ci perdiamo a fotografare il panorama di Atene e non lo seguiamo nel suo cammino. Atene da qui è una distesa bianca e uguale in ogni sua parte; quelli che una volta erano borghi ben distinti dal centro cittadino (come Eleusi, Colono, il Pireo) oggi sono parte stessa della città. Seppure bianca come le pietre dei Propilei, la metropoli moderna mi mette tristezza e mi sembra troppo diversa da quella che vive nei miei libri di scuola.


Varcate dunque queste porte ci ritroviamo davanti al Partenone e mi coglie un senso di delusione che non credevo avrei provato proprio qui. Me lo immaginavo grande e bianco invece è piccolo e coperto per la maggior parte da impalcature, spogliato dei suoi fregi, custoditi lontano da qui, a Londra. L'Eretteo però mi colpisce molto: le Cariatidi sembrano qui l'unica presenza viva e palpitante che ha oltrepassato i secoli. Alexandròs ci fa notare che la gamba esterna con dei giochi di drappeggi è una vera e propria colonna con scanalature mentre quella interna no: ecco svelato il segreto del ritmo e dell'armonia di queste statue.



Foto di classe davanti ad una porzione di Partenone libera dalle impalcature e poi andiamo al teatro di Dioniso. Poco rimane del più importante teatro ateniese ma questo basta per farmi rabbrividire: per la prima volta nella storia in questo posto sono state recitate le tragedie e le commedie che ho studiato. Eschilo, Sofocle, Euripide sono stati qui. Tento di immaginarmi i coreuti che entrano, le danze e gli attori con il viso coperto dalle maschere... non è così difficile come credevo.
Il Museo dell'Acropoli è forse più bello dell'Acropoli stessa: la logica con cui è stato progettato è fantastica: riprende i Propilei, ai lati ci sono vasetti e statuette trovate ai piedi della collina, al primo piano sembra di essere tra una foresta di statuette votive, alcune delle quali sono anche colorate, all'ultimo piano ci sono i resti dei frontoni del Partenone e di alcune metope, è illuminato da una vetrata continua dai cui si ammira un panorama incredibile della città e della collina dell'Acropoli.
Il cambio della guardia davanti al Parlamento è uno spettacolo che lascia tutti a bocca aperta. Oltre alle divise insolite, con gonnellini e scarpe con pon pon, sono i movimenti ad attirare la mia attenzione: sono lenti, precisi, ritmici, sembrano una danza antica e ricordano l'andatura dei cavalli. Gesti antichi che immobilizzano ragazzi del ventunesimo secolo.


Giorno 3 - "Siete qui per capire chi siete diventati"

Giorno 3: Kalampaka-Termopili-Delfi-Atene
Stamattina attraverseremo tutta la Tessaglia fino ad arrivare alle Termopili e a Delfi. La strada è lunga, Alexandròs ci racconta i miti che riguardano questa terra e sonnecchiando un po' arriviamo alle famose Termopili: qui si sono scontrati l'esercito persiano di Serse e quello delle città greche guidato, tra gli altri, dallo spartano Leonida. I greci resistono strenuamente ma una spia svela all'esercito nemico un passaggio segreto dietro le colline: i 300 di Leonida vengono attaccati alle spalle e uccisi tutti. Questa storia ci è ben nota... innumerevoli le versioni tradotte al ginnasio che avevano per tema proprio questa battaglia. Oggi c'è solo un monumento a ricordare l'accaduto, per il resto intorno c'è una vastissima pianura e qualche collina.


Quando arriviamo a Delfi il primo personaggio che mi viene in mente è ovviamente Edipo, oggetto di studi recenti. Ecco il trivio in cui ha ucciso il padre Laio, e la salita che ha certamente percorso per arrivare fino al tempio. Ma la nostra visita qui comincia dal museo archeologico: il tesoro che mi affascina e mi strega più di tutti è l'Auriga: nella sua semplicità e apparente staticità ha una posa plastica, è concentrato, gli occhi di smalto risaltano sul bronzo verde e mi seguono se gli passo davanti.




Quando usciamo dal museo e ci incamminiamo lungo la Via Sacra la prof, parlando con noi, dice una cosa che mi ammutolisce: "Siete qui per vedere chi siete diventati". Forse è una cosa che spesso si ripete soprattutto in Grecia e soprattutto a dei ragazzi che stanno per finire il liceo classico. Ma lei l'ha detto proprio qui a Delfi, la città considerata dai greci il centro geografico del mondo e sede di un importantissimo oracolo. Sulla parte superiore di uno di questi templi di cui oggi si vede solo qualche colonna c'era scritto "gnotsi seauton", conosci te stesso: per sapere chi saremo un giorno è necessario tornare indietro e ripercorrere la propria storia. Ecco perchè oggi siamo qui.

Anche la strada tra Delfi ed Atene è piuttosto lunga e quando un cartellone verde ci annuncia che siamo arrivati comincio a realizzare di essere davvero in Grecia. Atene. Solo per la vista del cartello mi dico che ne è valsa la pena di aspettare cinque anni. Atene. Anche gli altri, credo, stanno provando i miei stessi sentimenti e mi sento in armonia col mondo. Non so da quanto non mi capitava.

ll nostro hotel è situato in quello che un tempo era il demos di Colono. La prof ci tiene a precisarlo, perchè proprio prima della partenza abbiamo tradotto parte dell' Edipo a Colono: ora ci sono colate e colate di cemento grigio ma un tempo qui c'erano narcisi, ulivi, un bosco sacro in cui abitavano le Eumenidi... questo è quello che ci dice Sofocle. Per la prima volta da quando sono qui, ho la netta sensazione di toccare con mano ciò che fino ad ora era solo un nome sui libri. Per la prima volta mi rendo conto che tutte le versioni tradotte, tutta la fatica, tutti i momenti di sconforto hanno avuto senso. In questa parte di Atene che i turisti guardano distratti tutto mi è diventato improvvisamente chiaro.

Giorno 2 - Ma come si arriva fin lassù?

Giorno 2: mare-Igoumenitsa-Dodona-Ioannina-Meteore-Kalampaka
Quando ci svegliamo il sole sta sorgendo sulle coste dell'Albania e della Grecia. Questo è lo Ionio, il mare che prende il nome dalla fanciulla Io, amata da Zeus e costretta dalla follia del dio a scappare per tutta la terra. Penso ad Odisseo riportato ad Itaca dai Feaci e a Foscolo... questo è il "greco mar" da cui nacque Venere, queste sono le isole che lei ha reso rigogliose col suo sorriso; lontano, dove non riusciamo a vedere, c'è anche la petrosa Itaca.


Sbarchiamo ad Igoumenitsa e incontriamo subito la nostra guida: si chiama Alexandròs, "come Alessandro Magno"tiene a precisare, ma a me ricorda tanto Odisseo: capelli lunghi e castani, mandibola pronunciata, occhi celesti, zaino sulle spalle e amico dei cani. Si parte per Dodona. Dodona è un santuario antichissimo dedicato a Zeus che si trova in Epiro, la terra del famoso re Pirro. Non c'è molto da vedere, solo un teatro conservato abbastanza bene e le fondamenta di diversi templi consacrati ad Ercole, al principio femminile di Zeus, a Zeus stesso e ad Afrodite, ma siamo consapevoli dell'importanza del luogo: questo infatti è uno dei pochi posti in cui era presente un oracolo e si venerava una divinità femminile paragonabile alla dea madre.


La strada riprende verso Ioannina. L'impressione che suscita l'incontro con questa città è a dir poco strana: le case sembrano fatte di cartone, ci sembra di essere in una scenografia di un film western, con tanta polvere e uomini seduti fuori dalle porte delle osterie.
Ma Ioannina è solo una sosta e il cammino continua verso le Meteore. Ci accoglie un paesaggio insolito, fatto di massi altissimi sulla cui cima sono arroccati dei monasteri. Alexandròs ci dice che dobbiamo arrampicarci fin lassù... ma come si fa a salire lì sopra? La risposta è presto data: scalini scalini scalini. Ci guardiamo l'un l'altro spaventati e per incoraggiarci la prof promette 10 in greco scritto ai primi tre della mia classe che arrivano in cima; le sfide sono sfide e con tanta fatica io mi classifico seconda. Una volta arrivati i monaci danno a noi ragazze dei pareo neri: non possiamo entrare qui in jeans perchè i pantaloni non sono considerati abiti femminili... i maschi ridono di noi conciate con scarpe da ginnastica e gonnella.


I monasteri sono dei piccoli scrigni colorati, le iconostasi sono riccamente intarsiate e alle pareti ci sono tanto oro e tanti colori sgargianti. La guida che ci è capitata ama molto camminare e per il ritorno a Kalampaka, dove andremo a dormire stanotte, ci propone un sentiero tra le meteore. Accettiamo, il paesaggio è spettacolare, lungo la strada la prof ci insegna come fare addominali camminando... quando ci ricapita?

Giorno 1 - Nel cuore è quasi un urlo di gioia

Giorno 1: casa-Ancona-mare
E' presto ma siamo in corriera almeno da un paio d'ore, mezzi addormentati per la levataccia: questo è il traumatico, ma pur sempre emozionante, inizio della nostra gita. Fuori dal finestrino il cielo comincia a schiarirsi... Aurora dita di rosa, Omero chiamava questo momento tra notte e giorno. Eos è speranza, nuove possibilità che si affacciano nel mondo.
Tutto ciò che vediamo di Ancona è il porto e la cattedrale di San Ciriaco, ma questo ci basta: stiamo per lasciare l'Italia, i nostri pensieri non sono già più qui. Siamo sul ponte più alto del traghetto ad aspettare e banchettiamo, fotografiamo, parliamo come non succedeva da un po', poi si sente un rombo fortissimo e la nave comincia a muoversi. Siamo partiti davvero e scopro che gli occhi dei miei compagni brillano... forse sono lo specchio dei miei.


Ancona e la costa si allontanano presto dalla vista e intorno a noi c'è solo il mare. 
L'Adriatico è azzurro come non lo avevo mai visto e mi viene in mente la poesia di Sandro Penna, quella del mare tutto azzurro e calmo, ma l'attenzione si concentra sul verso che dice "nel cuore è quasi un urlo/di gioia".
E' esattamente quello che sto provando.


Il tramonto lascia presto spazio alla notte e siamo ancora sul ponte insieme. Ci improvvisiamo astronomi e finalmente, lontano dall'inquinamento luminoso delle nostre città, riusciamo a vedere le Pleiadi, la Stella Polare, e tutta la costellazione di Orione, non solo la sua cintura; la prof di scienze sarebbe contenta di noi. Il filosofo della classe cita Kant: "... il cielo stellato sopra di me". E io mi sento come un marinaio dei tempi lontani.

Nel cuore


Il vento, il profumo degli olivi, le scarpinate tra un sito e l'altro, il mal di mare, l'appello, le scarpe con i pon pon delle guardie, i cani, le statue, le margherite, le bandiere bianche e azzurre, i miti, la storia vista da vicino... tutto questo e molto, molto altro è, per me, Grecia.