Abbiamo lasciato le cellule impazzite nell'anno vecchio. Le abbiamo lasciate proprio tutte parché un doman, no se sa mai... Dicono che sia meglio così, che sia meglio subito, che sia meglio durante le feste... meno gente, più tempo per starsi vicino. Dicono che abbiamo raggiunto la cima della montagna, che ora ci aspetta la discesa, che è tempo di tirare il fiato. Eppure l'unica cosa che mi ha insegnato mio papà dice proprio l'opposto, me lo ricordo come se fosse ieri: eravamo alle Tre Cime di Lavaredo, io avrò avuto cinque anni, e correvo scendendo dal ghiaione; puntando i piedi mi sarei potuta rovesciare in avanti e spiaccicare da qualche parte. Allora papà mi si è avvicinato e mi ha fatto vedere che per non scivolare ed evitare di farmi male dovevo mettere i piedi in obliquo e camminare lentamente. Beh, era una molto difficile, richiedeva attenzione ma sono arrivata sana e salva in macchina con in tasca una raccolta di sassolini che mia mamma conserva ancora in una scatola di latta gialla. E' una "tecnica del corpo" che mi è rimasta imprigionata e che uso anche adesso quando scendo le scale arrampicata sulle mie decolteé. E' per questo motivo che non credo a tutti quelli che dicono che adesso possiamo respirare e star tranquilli, ma sto all'erta, metto i piedi uno davanti all'altro, osservo il sentiero pur godendomi il paesaggio.
Abbiamo lasciato le cellule impazzite nell'anno vecchio. Ognuno ha lasciato le sue. Dicono che ci voglia del tempo, che sia meglio adesso, che non si deve pretendere troppo da sé stessi e che qualche volta è giusto spegnere il telefono, regalarsi un po' di pace. E allora guido cantando sempre le solite canzoni. Guido, e se il mascara cola sulle guance pazienza, meglio che coli quando sono nel mio elemento, al sicuro. Guido, e la macchina mi porta sempre nello stesso posto da dove, con un solo sguardo, riesco ad abbracciare tutti i luoghi della mia quotidianità. Guardo i pieni e i vuoti, i cocci che ho tra le mani, le promesse fatte che non so se sarò capace di mantenere, le cose che ho perso e quelle, poche, preziose che ho già ricevuto. Ora si fanno i conti le ferite, con il dolore, con le medicazioni, con i segni che questa avventura ha lasciato fuori e dentro, solchi da seminare con qualcosa di buono, quando verrà il momento.
Abbiamo lasciato le cellule impazzite nell'anno vecchio. Adesso, fiduciosi, andiamo avanti con tutto il resto.
Abbiamo lasciato le cellule impazzite nell'anno vecchio. Ognuno ha lasciato le sue. Dicono che ci voglia del tempo, che sia meglio adesso, che non si deve pretendere troppo da sé stessi e che qualche volta è giusto spegnere il telefono, regalarsi un po' di pace. E allora guido cantando sempre le solite canzoni. Guido, e se il mascara cola sulle guance pazienza, meglio che coli quando sono nel mio elemento, al sicuro. Guido, e la macchina mi porta sempre nello stesso posto da dove, con un solo sguardo, riesco ad abbracciare tutti i luoghi della mia quotidianità. Guardo i pieni e i vuoti, i cocci che ho tra le mani, le promesse fatte che non so se sarò capace di mantenere, le cose che ho perso e quelle, poche, preziose che ho già ricevuto. Ora si fanno i conti le ferite, con il dolore, con le medicazioni, con i segni che questa avventura ha lasciato fuori e dentro, solchi da seminare con qualcosa di buono, quando verrà il momento.
Abbiamo lasciato le cellule impazzite nell'anno vecchio. Adesso, fiduciosi, andiamo avanti con tutto il resto.