Gravina, martelletto... Andamento, verso, modulo, ductus, solco, rubricatura... Asta, braccio, traversa... Ara votiva, base di statua... Questa mattina non c'era verso di far entrare niente in testa e poi, ad un tratto la voce della nonna: "...l'importante nella vita è saper contare il grano!"
Ho sei anni, ho da poco cominciato la scuola e sono nella taverna dei nonni, seduta sul divano verde, stretta stretta accanto al nonno. Il suo braccio è sulle mie spalle, sulle ginocchia ho un libro, forse un quaderno. Sul divano di fronte c'è papà, anche lui ha un libro tra le mani, la copertina è blu scuro e ha un'immagine in bianco e nero sotto il titolo. "Papà, quali sono le consonanti?" Non so perché l'ho chiesto, io lo so benissimo, lo sapevo già da prima di questo settembre. Il tono della mia domanda è quasi di sfida, o forse di speranza... vorrei che dicesse "B, C, D..." ... e invece: "A, B, C, D, E... non lo so!". Ma come?? No no no no no! Mi irrigidisco un po', sorpresa, ma non tanto, infondo. La nonna, che non ha mai parlato, sistemando un cesto sul tavolo dice verso di me: "Non è importante conoscere la differenza tra vocali e consonanti; l'importante nella vita è saper contare il grano".
Io non capivo come si potesse contare il grano senza perdere il conto, come distinguere quello già contato, e soprattutto perché fosse così importante farlo. Mi immaginavo un omino minuscolo che partiva all'alba dalla sua casa, molto simile a quella che il nonno aveva dipinto di recente, e andava in un campo grandissimo a contare i chicchi, tornava dopo il tramonto con un numero altissimo scritto su un foglio a quadretti, ma molto stanco e molto triste. Qualche cosa dentro di me, o forse fuori di me - gli occhi sbarrati del nonno, credo - mi diceva che sapere che A è una vocale e B una consonante era di gran lunga più necessario, più divertente. Intuivo che sapendo queste cose sarei stata più felice dell'omino che passava i giorni a contare il grano.
Poi, crescendo, ho capito che non era alle spighe biondeggianti dei campi della mia pianura che la nonna faceva riferimento, ma ad un altro grano, quello dal rumore metallico, e per molto tempo questo episodio è rimasto sepolto nella memoria.
Fino ad oggi.
Guardo sconsolata i miei libri di epigrafia, sperando che prima o poi quel che c'è scritto dentro mi salti in testa. Eppure... eppure sono contenta. Dentro di me c'è quella sensazione, quella voce che continua incessantemente a ripetermi che saper distinguere una base di statua da un'ara votiva ancora una volta mi renderà più contenta dell'omino che, nella mia testa, sta ancora contando il grano.
Nessun commento:
Posta un commento