"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

domenica 30 dicembre 2012

Un'ottima annata


Ieri, durante la seconda serata del concerto, è stato detto che il 2012 non sarà certamente ricordato come il migliore degli anni. Dal punto di vista economico e politico forse no, ma per quanto mi riguarda è stato un anno davvero bello. 
E' cominciato con delle pretese irriverenti ma da queste, oltre che dalla lettura di "I frutti dimenticati" di Cristiano Cavina e da un incontro speciale, è nato lo spunto per la mia tesina sui padri e le loro assenze, un lavoro di cui sono molto orgogliosa per diversi motivi: innanzitutto nessuno del mio anno lo ha scelto come tema; ho avuto modo poi di incontrare e conoscere una signora davvero gentile che si è resa disponibile a rispondere alle mie domande su un tema tanto delicato; ma ciò che ritengo più importante è che ho tentato di affrontare il tema da adulta, osservando me stessa prima di leggere delle poesie scritte sul manuale di letteratura. A metà gennaio, per la prima volta, ho partecipato ad una riunione del volontariato strepitosa, fatta di amore prima che di numeri. Abbiamo parlato di noi e basta, senza nasconderci dietro la maschera dei numeri, fin troppo facile da indossare; abbiamo espresso le nostre difficoltà agli stessi adulti che talvolta neanche ci stanno a sentire, abbiamo ascoltato chi di solito noi ragazzi bolliamo come "menefreghista". Ci siamo ascoltati, e non è stato poco: è da questo che nascono il rispetto e la fiducia reciproca, basi essenziali per la collaborazione alla costruzione di un mondo migliore.
A febbraio, con la morte del papà di un compagno di classe, mi sono sentita parte di una classe come non succedeva da tanto. E' stato difficile anche per noi guardare gli uni negli occhi degli altri e cercare un modo per affrontare un dolore che era anche un po' nostro. Abbiamo capito che la morte unisce, così come l'amore. Dal punto di vista associativo ho scoperto i fiori del nostro giardino: tanti ragazzi e ragazze che non perdono l'occasione di mettersi in gioco, che hanno voglia di scavalcare quei confini che non solo delimitano, ma anche separano. Abbiamo messo in comune le nostre esperienze e le nostre idee, consapevoli di una storia importante dietro di noi, ma un futuro altrettanto ricco di sfide davanti.
Marzo e la primavera hanno portato la mia prima redazione di un verbale (impresa non da poco!), l'incontro con un'amica con cui ho condiviso asilo, elementari e medie e la risposta alla domanda: "Ma fra cinque anni come saremo?". Venti minuti per ricordare gli ultimi diciassette anni di vita... fantastico. Abbiamo festeggiato i 100 giorni alla maturità con un compito di tedesco particolarmente divertente e studiando greco.
Tra marzo e aprile siamo andati a vedere da vicino le meraviglie della Grecia tante volte solo percepite dai libri e, davvero, non immaginavamo che ne contenesse così tante. L'alba dalla corriera, l'Adriatico azzurro come non lo avevo mai visto, il cielo stellato sopra e dentro di noi, la notte in traghetto e all'alba lo Ionio, il greco mar da cui nacque Venere e le isole rese feconde col suo sorriso. L'approdo in terraferma, la scalata delle Meteore con la prof e i santuari bizantini alla sommità, piccoli scrigni preziosi. L'attraversata della Grecia, dall'Epiro all'Attica, le Termopili e Delfi, il trivio di Edipo, l'auriga immobile eppure statico, la camminata lungo la Via Sacra, il tesoro degli ateniesi (di cui solo adesso, dopo il corso di storia greca all'università, mi rendo conto della sua importanza); i segnali verdi che indicavano l'arrivo ad Atene, culla della classicità, l'hotel in quello che un tempo era il demos di Colono e il gnotsi seauton, il senso di decine di versioni tradotte comprese lì, nella sala da pranzo dell'albergo, osservando una parte di Atene che i turisti guardano distratti. L'Agorà, i Propilei, l'Acropoli, il Partenone, il Teatro di Dioniso, il cambio della guardia davanti al Parlamento, l'avventura tra le vie e i profumi di una città resa gloriosa dal suo passato. "Ricordatevi questo momento perchè qui c'è una parte della vostra vita" davanti al Museo Archeologico di Atene, il suonatore di biflauto e il kouros immobile, Eleusi, l'istmo di Corinto, Nauplia, la sorpresa per il compleanno della prof a Tolò. Nemea, la porta dei leoni a Micene, il teatro di Epidauro e la magia dell'acustica. Sparta e Olimpia e il "buon viagio" della guida Aleksandros senza doppie ma davvero commosso. Si è laureata una delle mie amiche disperse.
Maggio è stato a dir poco intenso, tra la tesina da scrivere, gli esami alle porte e l'incontro dei ragazzi da organizzare. Un martedì pomeriggio dovevo andare in giro per dei sopralluoghi e la sera avevo una riunione, così il mio collega è venuto a prendermi a scuola, abbiamo incontrato gli altri e il giorno dopo, senza passare per casa, sono partita la mattina preso col treno per arrivare in tempo per il compito di greco. I tre giorni con i ragazzi sono stati splendidi, l'onda di maglie blu si è infranta e noi siamo stati felici di accoglierla, pur con le difficoltà del percorso. Ho scoperto capacità che non credevo di possedere e dovunque mi girassi c'erano sorrisi e persone in festa: è stata questa la mia, la nostra, ricompensa; abbiamo imparato a percorrere al passo del più lento. 
Giugno: studio studio studio. Le ultime lezioni in classe, l'ultimo giorno di liceo passato insieme nella nostra aula, l'augurio di Gigi di trovare la nostra autenticità e l'ultima campanella che si è portata via tutte le altre. La mia notte prima degli esami in compagnia di Bach, Allevi, un riccio e una tartaruga. La tensione prima della prima prova, la consapevolezza di aver scritto il mio tema migliore di sempre nonostante non sia stato valutato come tale, Aristotele che ci ha fatto sputare sangue e l'ultima versione di greco della mia vita, il quizzone e il colloquio a cui sono andata vestita di margherite.
E poi finamente il meritato riposo a luglio. Una breve giterella sulle orme di Joyce, Svevo ma soprattutto di Saba, la scoperta di un labirinto. L'epilogo: il numero che segna la maturità scolastica, "Non voltarti ti prego, nessun rimpianto per quello che pè stato, che le stelle ti guidino sempre e la strada ti porti lontano". Il mio viaggio di maturità a Firenze e le passeggiate col naso all'insù tra bellezze finalmente viste da vicino, l'indecisione sulla strada da prendere, sul colore da dare alla mia vita, la paura di crescere. Una nuova Roma e un angelo che ci ha riportati sulla via.
Ad agosto sono partita ancora per Laggiù, stessa divisa, stesso servizio. Il the freddo dopo il servizio, un pic nic lontano dalla grotta, il rumore del fiume sui sassi... un viaggio speciale per diversi motivi, finito come non mi aspettavo ma che ricordo con nostalgia. "Hai deciso cosa fare?" La gioia di una decisione finalmente presa, l'immatricolazione all'università, la ricerca di una casa in una città splendida.
Anche settembre è stato un mese di viaggi: il primo è stato alla scoperta della felicità dietro l'angolo, una felicità fatta di facciate a capanna e annunciazioni e di musica e occhi; ho cominciato l'università, cominciato a studiare antropologia e altre materie interessantissime. Sono tornata Laggiù, e la partenza è stata frutto di una decisione sofferta (partire ad una settimana dall'inizio dell'università??? Ma cosa mi dici mai?), soprattutto perchè ho scoperto che molto spesso ascolto più il cervello che il cuore. Ho seguito il cuore e mi sono ritrovata responsabile di un servizio mai svolto prima, accanto a persone provenienti da tutta Italia. Non c'erano i compagni di viaggio di una vita e per questo all'inizio mi sono sentita un po' spaesata, poi mi sono buttata e ho vissuto momenti davvero incredibili.
Tornata a casa, ad ottobre, mi sono trasferita a vivere in una città difficile per molti aspetti (canali... ponti...) ma spettacolare. Ho dato i miei primi esami e sono arrivate le prime grosse soddisfazioni.
Tra ottobre e novembre sono nati nuovi progetti, ho fatto altri sopralluoghi, ho attraversato un periodo traballante pieno di dubbi e domande ma ho ripreso a scrivere, segno che la tempesta sta cessando.
Dicembre ha portato altri esami, piccoli lavoretti fatti con le mie mani, concerti e musica.

In tutto questo ho letto, suonato, sono stata amica e confidente, mi sono divertita e ho riso tanto. A volte ho versato qualche lacrima ma le persone che contano mi hanno aiutata ad asciugarla e il sorriso è tornato a splendere.
Insomma... è stata un'ottima annata.

sabato 29 dicembre 2012

"La musica è paura"


Ieri sera prima del concerto mi è capitato fra le mani il discorso della presidente della banda e, naturalmente, gli ho dato una letta veloce. Saltando i ringraziamenti di rito e scorrendo i fogli, lo sguardo si è fermato sulle parole "la musica è paura". La musica è paura? E di cosa? No, Ivana, la musica non può essere paura, semmai la musica è coraggio, determinazione, adrenalina, vitalità... Perchè dovrei temere due note su uno spartito? E' vero, ci sono i passaggi difficili e le dita si irrigidiscono un po' prima di affrontarli, però non si possono non suonare e allora... un bel respiro e vengano come vengano.
Torno alla realtà perchè non possiamo intonare gli strumenti nei camerini dato che fa troppo freddo, quindi ci sistemiamo sul palco e la maestra passa a sistemare il suono. Io non riesco ad intonare il mio flauto. Crescente. No, adesso sei calante, riprova. Crescente. Crescente di nuovo. Calante. Ancora calante. Armeggio con la testata dello strumento, non mi appoggio allo schienale (comodo) della sedia, provo a non coprire troppo la boccola con le labbra...  è tutto un gioco di equilibri. Non funziona: l'intonatore dice che il suono è ancora un po', pochissimo, crescente. Non c'è tempo, adesso, di trovare l'altezza perfetta. 
Il sipario è ancora chiuso.
Le cartelline sono aperte sul primo brano, gli strumenti sono stretti tra le mani, c'è ancora un momento per dare l'ultima sistemata agli occhiali. Chissà se là fuori immaginano cosa sta succedendo qui. La platea è silenziosa e anche qui quasi non si respira. Io ho paura. Ho paura che nelle note cruciali la mia voce diversa porti fuori anche le altre, che invece di un suono melodioso e angelico, il risultato sia un rumore, uno stridere di metallo. Ho paura di quel passaggio tremendo a fine concerto, di quelle venti battute veloci che non riesco mai a suonare come si deve perchè scappa sempre qualche nota sbagliata. "... la musica è paura...".
Il meccanismo che muove il sipario comincia a ronzare e un attimo dopo le tende rosse si muovono. Sorridi, stai per suonare! Oltre le stelle di Natale posizionate sul bordo del palco c'è un abisso buio, una notte che applaude quando appariamo. In piedi. Seduti. Le braccia della maestra sono tese leggermente all'indietro, come quelle di un tuffatore prima del salto. La bacchetta scatta in alto, la banda respira. Ci tuffiamo anche noi, tutti. La prima nota esce forte, decisa.
Non c'è più spazio per la paura.

venerdì 28 dicembre 2012

Sorridi, stai per suonare!

Due giorni di concerto: stesso reepertorio, stesse presentazioni, stesso teatro.
Fa' che passi in fretta.
O almeno che non mi renda conto dei discorsi.
Grazie.

giovedì 27 dicembre 2012

Io e i pranzi di Natale

 


Io sono allergica ai pranzi di Natale.
Nello specifico i sintomi più gravi si manifestano durante quelli con la "famiglia": prurito, piedi gonfi, acidità di stomaco, paresi alla bocca causata dai sorrisi finti che sono costretta a distribuire.
In genere appena metto piede fuori dalla macchina chiedo che sia breve e indolore, che non mi accorga di niente e che si arrivi al dolce senza passare per il primo. Quando poi entro in casa, comincio a scuotere varie mani augurando convinta "Buon Natale!". Ma quale buon natale, che se mi fosse permesso come minimo ti sputerei in un occhio e darei un bel pestone anche a chi stamattina mi ha trascinata qui contro la mia volontà. Poi di solito mi imbottisco di pane, l'unica cosa che, stando all'odore che proviene dalla cucina, riuscirò a mangiare. Non si capisce perchè a Natale la gente comincia a "cucinare strano": pesci sul pane, brodi che neanche Maria dopo aver partorito mangerebbe, panettoni con dentro qualsiasi cosa tranne uvetta e canditi come dovrebbe essere (sì... sono delicata). Eh, ma non è mica finita. Perchè nel frattempo bisogna trattenersi dal fare o dire qualsiasi cosa che non rientri nello spirito natalizio. Ed è difficile, perchè le scarpate da tirare sarebbero molte... sono tanto di compagnia, in effetti. Quando, sottovoce, chiedo a che ora si può tornare a casa è come compiere un crimine contro l'umanità. "Ma siamo appena arrivati!" non è vero, sono tre ore che giocherello con il tappo del vino. "Andiamo via alle quattro". COME ALLE QUATTRO??? Ma alle quattro manca tantissimo tempo, ma io ho delle cose da fare, ma siamo anche arrivate presto per dare una mano, ma perchè ce l'avete tutti con me? Esprimo la mia disapprovazione sgranando gli occhi e sospirando piano: ovvio, non rientra nello spirito natalizio. "Per favore, è Natale!" E allora? E' per quella favola dell'essere tutti più buoni? Oh, ma dai... secondo me l'ha inventata un contadino per convincere una faraona a farsi ammazzare. E poi "o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai"... lo dice anche Jovanotti. "La prossima volta te ne stai a casa, se la compagnia non è di tuo gradimento!" Davvero potrò? Oh, che bella notizia! Ma potevo stare a casa anche quest'anno e non mi hai detto niente? Tutto questo scambio amorevole avviene con il labiale, nessuno sente niente, tanto sono tutti impegnati a discutere sul tipo di assicurazione migliore. Non manca neanche l'intelligente che chiede: "... e il fidanzatino?" Oh, su, Chiara, voleva solo essere gentile! La peggiore è quella che tenta di fare la simpatica ma non ci riesce, che ride come Pippo a qualsiasi cosa si dica. Il caffè arriva come un nettare potente: è quasi finita! Aiuto a sprepare portando piatti e bottiglie e bicchieri tutto insieme perchè prima si finisce prima si torna a casa. Saluti e ringraziamenti entusiasti e poi via in macchina. Il sorriso, quello vero, torna sul mio viso.
Sono guarita!

And so happy Christmas!


Tra le mille cose che non mi piacciono del Natale (i pranzi infiniti... gli auguri fatti per forza...) ce n'è una a cui non posso rinunciare: la musica. Mi piace sentire le diverse interpretazioni della stessa canzone, mi piace pensare che, almeno per un giorno, il mondo se ne stia in silenzio ad ascoltare ciò che di bello nasce dal suo cuore.
Il Natale, negli ultimi anni, comincia sempre in ospedale, dove, per una sera, infermieri, dottori, tecnici di laboratorio, psicologi, si trasformano negli angeli del presepe, nella moltitudine celeste che annuncia una nascita speciale. Ieri mattina mi sono appostata sul divano ad ascoltare le canzoni del bambini dello Zecchino e devo dire che, nonostante non sia mai stata una fan del programma, ci sono state canzoni davvero molto carine (le mie preferite? Benedizione a frate Leone e Principe Azzurro). Potevo forse farmi mancare il Concerto di Natale da Assisi? Assolutamente no. Splendida la cornice degli affreschi di Giotto, splendida l'orchestra della Rai e splendido Ennio Morricone che ha diretto alcuni dei suoi brani e tra questi, ovviamente, alcuni tratti dalla colonna sonora del film "The Mission". Per concludere in bellezza è tradizione ormai da qualche anno il concerto della banda di una "amica dispersa". Devo dire che è stata una grossa sorpresa sia per me (repertorio semplice ma molto ben eseguito) sia per lei (il mio arrivo non è stato annunciato in nessun modo) e abbracciarla di nuovo dopo diverso tempo è stato ciò che ha fatto del mio Natale un buon Natale.

lunedì 24 dicembre 2012

So this is (my) Christmas

 

Il mio Natale è la depressione della nonna, le lacrime del nonno, il piede gonfio dello zio.
Il mio Natale è la divisa della banda stirata, la sciarpa arcobaleno dei ragazzi nel cassetto, il tubino rosso appeso alla porta.
Il mio Natale è il presepio in una noce, le luci che non abbiamo sistemato, il mio albero degli amici.
Il mio Natale è il Preludio di Saint Saens, una ninna nanna, le canzoni dello Zecchino d'Oro.
Il mio Natale è la casella di posta elettronica intasata da mail provenienti da tutta Italia, gli auguri frettolosi di una zia che non vedevo da tempo, quella chiamata che non arriva.
Il mio Natale è "In nome della madre" di Erri de Luca, "Fai bei sogni" di Massimo Gramellini, "Diario" di Etty Hillesum.
Il mio Natale è il pranzo con una compagna di scuola, la merenda solitaria davanti alla televisione, la cena cinese con l'amica più spettacolare dell'universo.
Il mio Natale è "The Queen", "Il riccio", "Ore 22e39-Vajont" tutto nello stesso giorno.
Il mio Natale è la borsa dell'acqua calda, l'ombretto blu, il libro.
Il mio Natale è la lista dei desideri, la disillusione di chi non crede più, la sensazione che forse c'è qualcosa di vero, in quella storia.
Il mio Natale è il post dell'Aragosta e la speranza, ancora, ancora e ancora.

"Una luce calava da un'apertura del tetto di canne e di rami. Era lei, la cometa, appesa in cielo come una lanterna"
In nome della Madre, Erri De Luca

Auguri di cuore!

lunedì 17 dicembre 2012

Venezia, ieri

Venezia, ieri.

Uno di quei giorni in cui il sole di dicembre è tiepido, il cielo limpido ed è bello andare alla Zattere a guardare i battelli passare, i piccioni e i gabbiani lottare per un pezzo di pane caduto. Uno di quei giorni in cui niente potrebbe andare storto, neanche l'esame di etnologia... l'esame! Oh santo cielo! E non ho neanche aperto il quaderno, neanche uno sguardo alla dispensa, oggi! E non mi ricordo niente e cosa diceva Mary Douglas? Oh, beh, pazienza... ci penserò quando avrò davanti il foglio con le domande. Per il momento continuo a godere di questo sole mentre Bach a tutto volume nelle orecchie pare la colonna sonora perfetta per immaginare incontri e sere di musica.

giovedì 13 dicembre 2012

Il mio albero senza palline




 
Tu che ne dici o Signore, se in questo Natale
faccio un bell'albero dentro il mio cuore e ci attacco,
invece dei regali, i nomi di tutti i miei amici?
Gli amici lontani e vicini. Gli antichi e i nuovi.
Quelli che vedo tutti i giorni e quelli che vedo di rado.
Quelli che ricordo sempre
e quelli che, alle volte, restano dimenticati.
Quelli costanti e intermittenti.
Quelli delle ore difficili e quelli delle ore allegre.
Quelli che, senza volerlo, mi hanno fatto soffrire.
Quelli che conosco profondamente
e quelli dei quali conosco solo le apparenze.
Quelli che mi devono poco e quelli ai quali devo molto.
I miei amici semplici ed i miei amici importanti.
I nomi di tutti quelli che sono già passati nella mia vita.
Un albero con radici molto profonde
perché i loro nomi non escano mai dal mio cuore.
Un albero dai rami molto grandi,
perché i nuovi nomi venuti da tutto il mondo
si uniscano ai già esistenti.
Un albero con un'ombra molto gradevole,
la nostra amicizia sia un momento di riposo
durante le lotte della vita.

Passeggiando per ill web ho trovato questa poesia... ed è scattata l'idea per il mio albero di Natale. :)

domenica 2 dicembre 2012

Io scelgo di dire sì

 

[Un momento di formazione: il sentiero in salita tra le colline aretine]
 
Incomprensioni, ritardi, mancanza di tatto, servizio fatto un po' a caso, mille richieste che arrivano insieme, pregiudizi, regole da rispettare, rapporti umani burrascosi da gestire, aspettative da non deludere, relazioni da compilare, presentazioni di progetti da scrivere... non mi nascondo dietro ad un dito: le difficoltà del percorso ci sono, e non sono poche. A volte mi trovo coinvolta in discussioni più grandi di me senza saper realmente cosa dire o cosa fare, mi si innalzano davanti dei muri fatti di "si è sempre fatto così" e "ce l'hanno imposto" veramente difficili da abbattere. Troppo spesso sono stremata dopo riunioni inconcludenti passate a discutere di pratiche burocratiche invece di focalizzare l'attenzione su ciò che conta davvero, troppo spesso sono disgustata dopo la lettura di mail contententi quelle che per me sono solo pretese senza senso. E mettendomi le mani tra i capelli, sul disperato andante, mi chiedo: "Perchè sono ancora qui?"
E' proprio allora che penso a quanto è contento il mio amico Elvis quando ci incontriamo, a quanto io sono contenta quando lo vado a prendere a casa per passare una domenica insieme, alle signore del mio tavolo in refettorio felici per un sorriso regalato. E' proprio in quei momenti che zia Lisa mi dice che "non sei più l'ultima ruota del carro", che arriva un sms da uno dei miei nuovi amici con scritta una scemata pazzesca ma che ha il potere di raddrizzare la giornata. E' proprio quando sono sul punto di alzarmi scaraventare i fogli con i dati e statistiche che il telefono squilla e mi annunciano che "I CAPI HANNO ACCETTATO IL NOSTRO PROGETTOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!"
E penso che ne vale la pena. Sì... ho sempre la valigia in mano, mi spazientisco spesso eppure... c'è qualcosa in me che mi spinge ad andare avanti ancora.
E allora, oggi, insieme a tutti gli altri scelgo di dire ancora sì.
Sì alle difficoltà, alle responsabilità, ai sogni.
Sì all'ascolto, alle calze bianche che pizzicano, alla mantella che mi fa sembrare Batman.
Sì alla gioia, al lavoro da svolgere con le mani e con i cuore, ad un momento per gli altri, ai compagni di viaggio (di tutte le età e di tutte le geografie) di cui adesso non potrei fare a meno. 
Sì, scelgo di percorrere ancora questa strada perchè nonostante mi rende davvero felice.
 
2 dicembre 2012, Giornata dell'Adesione ad Unitalsi