"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

domenica 30 dicembre 2012

Un'ottima annata


Ieri, durante la seconda serata del concerto, è stato detto che il 2012 non sarà certamente ricordato come il migliore degli anni. Dal punto di vista economico e politico forse no, ma per quanto mi riguarda è stato un anno davvero bello. 
E' cominciato con delle pretese irriverenti ma da queste, oltre che dalla lettura di "I frutti dimenticati" di Cristiano Cavina e da un incontro speciale, è nato lo spunto per la mia tesina sui padri e le loro assenze, un lavoro di cui sono molto orgogliosa per diversi motivi: innanzitutto nessuno del mio anno lo ha scelto come tema; ho avuto modo poi di incontrare e conoscere una signora davvero gentile che si è resa disponibile a rispondere alle mie domande su un tema tanto delicato; ma ciò che ritengo più importante è che ho tentato di affrontare il tema da adulta, osservando me stessa prima di leggere delle poesie scritte sul manuale di letteratura. A metà gennaio, per la prima volta, ho partecipato ad una riunione del volontariato strepitosa, fatta di amore prima che di numeri. Abbiamo parlato di noi e basta, senza nasconderci dietro la maschera dei numeri, fin troppo facile da indossare; abbiamo espresso le nostre difficoltà agli stessi adulti che talvolta neanche ci stanno a sentire, abbiamo ascoltato chi di solito noi ragazzi bolliamo come "menefreghista". Ci siamo ascoltati, e non è stato poco: è da questo che nascono il rispetto e la fiducia reciproca, basi essenziali per la collaborazione alla costruzione di un mondo migliore.
A febbraio, con la morte del papà di un compagno di classe, mi sono sentita parte di una classe come non succedeva da tanto. E' stato difficile anche per noi guardare gli uni negli occhi degli altri e cercare un modo per affrontare un dolore che era anche un po' nostro. Abbiamo capito che la morte unisce, così come l'amore. Dal punto di vista associativo ho scoperto i fiori del nostro giardino: tanti ragazzi e ragazze che non perdono l'occasione di mettersi in gioco, che hanno voglia di scavalcare quei confini che non solo delimitano, ma anche separano. Abbiamo messo in comune le nostre esperienze e le nostre idee, consapevoli di una storia importante dietro di noi, ma un futuro altrettanto ricco di sfide davanti.
Marzo e la primavera hanno portato la mia prima redazione di un verbale (impresa non da poco!), l'incontro con un'amica con cui ho condiviso asilo, elementari e medie e la risposta alla domanda: "Ma fra cinque anni come saremo?". Venti minuti per ricordare gli ultimi diciassette anni di vita... fantastico. Abbiamo festeggiato i 100 giorni alla maturità con un compito di tedesco particolarmente divertente e studiando greco.
Tra marzo e aprile siamo andati a vedere da vicino le meraviglie della Grecia tante volte solo percepite dai libri e, davvero, non immaginavamo che ne contenesse così tante. L'alba dalla corriera, l'Adriatico azzurro come non lo avevo mai visto, il cielo stellato sopra e dentro di noi, la notte in traghetto e all'alba lo Ionio, il greco mar da cui nacque Venere e le isole rese feconde col suo sorriso. L'approdo in terraferma, la scalata delle Meteore con la prof e i santuari bizantini alla sommità, piccoli scrigni preziosi. L'attraversata della Grecia, dall'Epiro all'Attica, le Termopili e Delfi, il trivio di Edipo, l'auriga immobile eppure statico, la camminata lungo la Via Sacra, il tesoro degli ateniesi (di cui solo adesso, dopo il corso di storia greca all'università, mi rendo conto della sua importanza); i segnali verdi che indicavano l'arrivo ad Atene, culla della classicità, l'hotel in quello che un tempo era il demos di Colono e il gnotsi seauton, il senso di decine di versioni tradotte comprese lì, nella sala da pranzo dell'albergo, osservando una parte di Atene che i turisti guardano distratti. L'Agorà, i Propilei, l'Acropoli, il Partenone, il Teatro di Dioniso, il cambio della guardia davanti al Parlamento, l'avventura tra le vie e i profumi di una città resa gloriosa dal suo passato. "Ricordatevi questo momento perchè qui c'è una parte della vostra vita" davanti al Museo Archeologico di Atene, il suonatore di biflauto e il kouros immobile, Eleusi, l'istmo di Corinto, Nauplia, la sorpresa per il compleanno della prof a Tolò. Nemea, la porta dei leoni a Micene, il teatro di Epidauro e la magia dell'acustica. Sparta e Olimpia e il "buon viagio" della guida Aleksandros senza doppie ma davvero commosso. Si è laureata una delle mie amiche disperse.
Maggio è stato a dir poco intenso, tra la tesina da scrivere, gli esami alle porte e l'incontro dei ragazzi da organizzare. Un martedì pomeriggio dovevo andare in giro per dei sopralluoghi e la sera avevo una riunione, così il mio collega è venuto a prendermi a scuola, abbiamo incontrato gli altri e il giorno dopo, senza passare per casa, sono partita la mattina preso col treno per arrivare in tempo per il compito di greco. I tre giorni con i ragazzi sono stati splendidi, l'onda di maglie blu si è infranta e noi siamo stati felici di accoglierla, pur con le difficoltà del percorso. Ho scoperto capacità che non credevo di possedere e dovunque mi girassi c'erano sorrisi e persone in festa: è stata questa la mia, la nostra, ricompensa; abbiamo imparato a percorrere al passo del più lento. 
Giugno: studio studio studio. Le ultime lezioni in classe, l'ultimo giorno di liceo passato insieme nella nostra aula, l'augurio di Gigi di trovare la nostra autenticità e l'ultima campanella che si è portata via tutte le altre. La mia notte prima degli esami in compagnia di Bach, Allevi, un riccio e una tartaruga. La tensione prima della prima prova, la consapevolezza di aver scritto il mio tema migliore di sempre nonostante non sia stato valutato come tale, Aristotele che ci ha fatto sputare sangue e l'ultima versione di greco della mia vita, il quizzone e il colloquio a cui sono andata vestita di margherite.
E poi finamente il meritato riposo a luglio. Una breve giterella sulle orme di Joyce, Svevo ma soprattutto di Saba, la scoperta di un labirinto. L'epilogo: il numero che segna la maturità scolastica, "Non voltarti ti prego, nessun rimpianto per quello che pè stato, che le stelle ti guidino sempre e la strada ti porti lontano". Il mio viaggio di maturità a Firenze e le passeggiate col naso all'insù tra bellezze finalmente viste da vicino, l'indecisione sulla strada da prendere, sul colore da dare alla mia vita, la paura di crescere. Una nuova Roma e un angelo che ci ha riportati sulla via.
Ad agosto sono partita ancora per Laggiù, stessa divisa, stesso servizio. Il the freddo dopo il servizio, un pic nic lontano dalla grotta, il rumore del fiume sui sassi... un viaggio speciale per diversi motivi, finito come non mi aspettavo ma che ricordo con nostalgia. "Hai deciso cosa fare?" La gioia di una decisione finalmente presa, l'immatricolazione all'università, la ricerca di una casa in una città splendida.
Anche settembre è stato un mese di viaggi: il primo è stato alla scoperta della felicità dietro l'angolo, una felicità fatta di facciate a capanna e annunciazioni e di musica e occhi; ho cominciato l'università, cominciato a studiare antropologia e altre materie interessantissime. Sono tornata Laggiù, e la partenza è stata frutto di una decisione sofferta (partire ad una settimana dall'inizio dell'università??? Ma cosa mi dici mai?), soprattutto perchè ho scoperto che molto spesso ascolto più il cervello che il cuore. Ho seguito il cuore e mi sono ritrovata responsabile di un servizio mai svolto prima, accanto a persone provenienti da tutta Italia. Non c'erano i compagni di viaggio di una vita e per questo all'inizio mi sono sentita un po' spaesata, poi mi sono buttata e ho vissuto momenti davvero incredibili.
Tornata a casa, ad ottobre, mi sono trasferita a vivere in una città difficile per molti aspetti (canali... ponti...) ma spettacolare. Ho dato i miei primi esami e sono arrivate le prime grosse soddisfazioni.
Tra ottobre e novembre sono nati nuovi progetti, ho fatto altri sopralluoghi, ho attraversato un periodo traballante pieno di dubbi e domande ma ho ripreso a scrivere, segno che la tempesta sta cessando.
Dicembre ha portato altri esami, piccoli lavoretti fatti con le mie mani, concerti e musica.

In tutto questo ho letto, suonato, sono stata amica e confidente, mi sono divertita e ho riso tanto. A volte ho versato qualche lacrima ma le persone che contano mi hanno aiutata ad asciugarla e il sorriso è tornato a splendere.
Insomma... è stata un'ottima annata.

sabato 29 dicembre 2012

"La musica è paura"


Ieri sera prima del concerto mi è capitato fra le mani il discorso della presidente della banda e, naturalmente, gli ho dato una letta veloce. Saltando i ringraziamenti di rito e scorrendo i fogli, lo sguardo si è fermato sulle parole "la musica è paura". La musica è paura? E di cosa? No, Ivana, la musica non può essere paura, semmai la musica è coraggio, determinazione, adrenalina, vitalità... Perchè dovrei temere due note su uno spartito? E' vero, ci sono i passaggi difficili e le dita si irrigidiscono un po' prima di affrontarli, però non si possono non suonare e allora... un bel respiro e vengano come vengano.
Torno alla realtà perchè non possiamo intonare gli strumenti nei camerini dato che fa troppo freddo, quindi ci sistemiamo sul palco e la maestra passa a sistemare il suono. Io non riesco ad intonare il mio flauto. Crescente. No, adesso sei calante, riprova. Crescente. Crescente di nuovo. Calante. Ancora calante. Armeggio con la testata dello strumento, non mi appoggio allo schienale (comodo) della sedia, provo a non coprire troppo la boccola con le labbra...  è tutto un gioco di equilibri. Non funziona: l'intonatore dice che il suono è ancora un po', pochissimo, crescente. Non c'è tempo, adesso, di trovare l'altezza perfetta. 
Il sipario è ancora chiuso.
Le cartelline sono aperte sul primo brano, gli strumenti sono stretti tra le mani, c'è ancora un momento per dare l'ultima sistemata agli occhiali. Chissà se là fuori immaginano cosa sta succedendo qui. La platea è silenziosa e anche qui quasi non si respira. Io ho paura. Ho paura che nelle note cruciali la mia voce diversa porti fuori anche le altre, che invece di un suono melodioso e angelico, il risultato sia un rumore, uno stridere di metallo. Ho paura di quel passaggio tremendo a fine concerto, di quelle venti battute veloci che non riesco mai a suonare come si deve perchè scappa sempre qualche nota sbagliata. "... la musica è paura...".
Il meccanismo che muove il sipario comincia a ronzare e un attimo dopo le tende rosse si muovono. Sorridi, stai per suonare! Oltre le stelle di Natale posizionate sul bordo del palco c'è un abisso buio, una notte che applaude quando appariamo. In piedi. Seduti. Le braccia della maestra sono tese leggermente all'indietro, come quelle di un tuffatore prima del salto. La bacchetta scatta in alto, la banda respira. Ci tuffiamo anche noi, tutti. La prima nota esce forte, decisa.
Non c'è più spazio per la paura.

venerdì 28 dicembre 2012

Sorridi, stai per suonare!

Due giorni di concerto: stesso reepertorio, stesse presentazioni, stesso teatro.
Fa' che passi in fretta.
O almeno che non mi renda conto dei discorsi.
Grazie.

giovedì 27 dicembre 2012

Io e i pranzi di Natale

 


Io sono allergica ai pranzi di Natale.
Nello specifico i sintomi più gravi si manifestano durante quelli con la "famiglia": prurito, piedi gonfi, acidità di stomaco, paresi alla bocca causata dai sorrisi finti che sono costretta a distribuire.
In genere appena metto piede fuori dalla macchina chiedo che sia breve e indolore, che non mi accorga di niente e che si arrivi al dolce senza passare per il primo. Quando poi entro in casa, comincio a scuotere varie mani augurando convinta "Buon Natale!". Ma quale buon natale, che se mi fosse permesso come minimo ti sputerei in un occhio e darei un bel pestone anche a chi stamattina mi ha trascinata qui contro la mia volontà. Poi di solito mi imbottisco di pane, l'unica cosa che, stando all'odore che proviene dalla cucina, riuscirò a mangiare. Non si capisce perchè a Natale la gente comincia a "cucinare strano": pesci sul pane, brodi che neanche Maria dopo aver partorito mangerebbe, panettoni con dentro qualsiasi cosa tranne uvetta e canditi come dovrebbe essere (sì... sono delicata). Eh, ma non è mica finita. Perchè nel frattempo bisogna trattenersi dal fare o dire qualsiasi cosa che non rientri nello spirito natalizio. Ed è difficile, perchè le scarpate da tirare sarebbero molte... sono tanto di compagnia, in effetti. Quando, sottovoce, chiedo a che ora si può tornare a casa è come compiere un crimine contro l'umanità. "Ma siamo appena arrivati!" non è vero, sono tre ore che giocherello con il tappo del vino. "Andiamo via alle quattro". COME ALLE QUATTRO??? Ma alle quattro manca tantissimo tempo, ma io ho delle cose da fare, ma siamo anche arrivate presto per dare una mano, ma perchè ce l'avete tutti con me? Esprimo la mia disapprovazione sgranando gli occhi e sospirando piano: ovvio, non rientra nello spirito natalizio. "Per favore, è Natale!" E allora? E' per quella favola dell'essere tutti più buoni? Oh, ma dai... secondo me l'ha inventata un contadino per convincere una faraona a farsi ammazzare. E poi "o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai"... lo dice anche Jovanotti. "La prossima volta te ne stai a casa, se la compagnia non è di tuo gradimento!" Davvero potrò? Oh, che bella notizia! Ma potevo stare a casa anche quest'anno e non mi hai detto niente? Tutto questo scambio amorevole avviene con il labiale, nessuno sente niente, tanto sono tutti impegnati a discutere sul tipo di assicurazione migliore. Non manca neanche l'intelligente che chiede: "... e il fidanzatino?" Oh, su, Chiara, voleva solo essere gentile! La peggiore è quella che tenta di fare la simpatica ma non ci riesce, che ride come Pippo a qualsiasi cosa si dica. Il caffè arriva come un nettare potente: è quasi finita! Aiuto a sprepare portando piatti e bottiglie e bicchieri tutto insieme perchè prima si finisce prima si torna a casa. Saluti e ringraziamenti entusiasti e poi via in macchina. Il sorriso, quello vero, torna sul mio viso.
Sono guarita!

And so happy Christmas!


Tra le mille cose che non mi piacciono del Natale (i pranzi infiniti... gli auguri fatti per forza...) ce n'è una a cui non posso rinunciare: la musica. Mi piace sentire le diverse interpretazioni della stessa canzone, mi piace pensare che, almeno per un giorno, il mondo se ne stia in silenzio ad ascoltare ciò che di bello nasce dal suo cuore.
Il Natale, negli ultimi anni, comincia sempre in ospedale, dove, per una sera, infermieri, dottori, tecnici di laboratorio, psicologi, si trasformano negli angeli del presepe, nella moltitudine celeste che annuncia una nascita speciale. Ieri mattina mi sono appostata sul divano ad ascoltare le canzoni del bambini dello Zecchino e devo dire che, nonostante non sia mai stata una fan del programma, ci sono state canzoni davvero molto carine (le mie preferite? Benedizione a frate Leone e Principe Azzurro). Potevo forse farmi mancare il Concerto di Natale da Assisi? Assolutamente no. Splendida la cornice degli affreschi di Giotto, splendida l'orchestra della Rai e splendido Ennio Morricone che ha diretto alcuni dei suoi brani e tra questi, ovviamente, alcuni tratti dalla colonna sonora del film "The Mission". Per concludere in bellezza è tradizione ormai da qualche anno il concerto della banda di una "amica dispersa". Devo dire che è stata una grossa sorpresa sia per me (repertorio semplice ma molto ben eseguito) sia per lei (il mio arrivo non è stato annunciato in nessun modo) e abbracciarla di nuovo dopo diverso tempo è stato ciò che ha fatto del mio Natale un buon Natale.

lunedì 24 dicembre 2012

So this is (my) Christmas

 

Il mio Natale è la depressione della nonna, le lacrime del nonno, il piede gonfio dello zio.
Il mio Natale è la divisa della banda stirata, la sciarpa arcobaleno dei ragazzi nel cassetto, il tubino rosso appeso alla porta.
Il mio Natale è il presepio in una noce, le luci che non abbiamo sistemato, il mio albero degli amici.
Il mio Natale è il Preludio di Saint Saens, una ninna nanna, le canzoni dello Zecchino d'Oro.
Il mio Natale è la casella di posta elettronica intasata da mail provenienti da tutta Italia, gli auguri frettolosi di una zia che non vedevo da tempo, quella chiamata che non arriva.
Il mio Natale è "In nome della madre" di Erri de Luca, "Fai bei sogni" di Massimo Gramellini, "Diario" di Etty Hillesum.
Il mio Natale è il pranzo con una compagna di scuola, la merenda solitaria davanti alla televisione, la cena cinese con l'amica più spettacolare dell'universo.
Il mio Natale è "The Queen", "Il riccio", "Ore 22e39-Vajont" tutto nello stesso giorno.
Il mio Natale è la borsa dell'acqua calda, l'ombretto blu, il libro.
Il mio Natale è la lista dei desideri, la disillusione di chi non crede più, la sensazione che forse c'è qualcosa di vero, in quella storia.
Il mio Natale è il post dell'Aragosta e la speranza, ancora, ancora e ancora.

"Una luce calava da un'apertura del tetto di canne e di rami. Era lei, la cometa, appesa in cielo come una lanterna"
In nome della Madre, Erri De Luca

Auguri di cuore!

lunedì 17 dicembre 2012

Venezia, ieri

Venezia, ieri.

Uno di quei giorni in cui il sole di dicembre è tiepido, il cielo limpido ed è bello andare alla Zattere a guardare i battelli passare, i piccioni e i gabbiani lottare per un pezzo di pane caduto. Uno di quei giorni in cui niente potrebbe andare storto, neanche l'esame di etnologia... l'esame! Oh santo cielo! E non ho neanche aperto il quaderno, neanche uno sguardo alla dispensa, oggi! E non mi ricordo niente e cosa diceva Mary Douglas? Oh, beh, pazienza... ci penserò quando avrò davanti il foglio con le domande. Per il momento continuo a godere di questo sole mentre Bach a tutto volume nelle orecchie pare la colonna sonora perfetta per immaginare incontri e sere di musica.

giovedì 13 dicembre 2012

Il mio albero senza palline




 
Tu che ne dici o Signore, se in questo Natale
faccio un bell'albero dentro il mio cuore e ci attacco,
invece dei regali, i nomi di tutti i miei amici?
Gli amici lontani e vicini. Gli antichi e i nuovi.
Quelli che vedo tutti i giorni e quelli che vedo di rado.
Quelli che ricordo sempre
e quelli che, alle volte, restano dimenticati.
Quelli costanti e intermittenti.
Quelli delle ore difficili e quelli delle ore allegre.
Quelli che, senza volerlo, mi hanno fatto soffrire.
Quelli che conosco profondamente
e quelli dei quali conosco solo le apparenze.
Quelli che mi devono poco e quelli ai quali devo molto.
I miei amici semplici ed i miei amici importanti.
I nomi di tutti quelli che sono già passati nella mia vita.
Un albero con radici molto profonde
perché i loro nomi non escano mai dal mio cuore.
Un albero dai rami molto grandi,
perché i nuovi nomi venuti da tutto il mondo
si uniscano ai già esistenti.
Un albero con un'ombra molto gradevole,
la nostra amicizia sia un momento di riposo
durante le lotte della vita.

Passeggiando per ill web ho trovato questa poesia... ed è scattata l'idea per il mio albero di Natale. :)

domenica 2 dicembre 2012

Io scelgo di dire sì

 

[Un momento di formazione: il sentiero in salita tra le colline aretine]
 
Incomprensioni, ritardi, mancanza di tatto, servizio fatto un po' a caso, mille richieste che arrivano insieme, pregiudizi, regole da rispettare, rapporti umani burrascosi da gestire, aspettative da non deludere, relazioni da compilare, presentazioni di progetti da scrivere... non mi nascondo dietro ad un dito: le difficoltà del percorso ci sono, e non sono poche. A volte mi trovo coinvolta in discussioni più grandi di me senza saper realmente cosa dire o cosa fare, mi si innalzano davanti dei muri fatti di "si è sempre fatto così" e "ce l'hanno imposto" veramente difficili da abbattere. Troppo spesso sono stremata dopo riunioni inconcludenti passate a discutere di pratiche burocratiche invece di focalizzare l'attenzione su ciò che conta davvero, troppo spesso sono disgustata dopo la lettura di mail contententi quelle che per me sono solo pretese senza senso. E mettendomi le mani tra i capelli, sul disperato andante, mi chiedo: "Perchè sono ancora qui?"
E' proprio allora che penso a quanto è contento il mio amico Elvis quando ci incontriamo, a quanto io sono contenta quando lo vado a prendere a casa per passare una domenica insieme, alle signore del mio tavolo in refettorio felici per un sorriso regalato. E' proprio in quei momenti che zia Lisa mi dice che "non sei più l'ultima ruota del carro", che arriva un sms da uno dei miei nuovi amici con scritta una scemata pazzesca ma che ha il potere di raddrizzare la giornata. E' proprio quando sono sul punto di alzarmi scaraventare i fogli con i dati e statistiche che il telefono squilla e mi annunciano che "I CAPI HANNO ACCETTATO IL NOSTRO PROGETTOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!"
E penso che ne vale la pena. Sì... ho sempre la valigia in mano, mi spazientisco spesso eppure... c'è qualcosa in me che mi spinge ad andare avanti ancora.
E allora, oggi, insieme a tutti gli altri scelgo di dire ancora sì.
Sì alle difficoltà, alle responsabilità, ai sogni.
Sì all'ascolto, alle calze bianche che pizzicano, alla mantella che mi fa sembrare Batman.
Sì alla gioia, al lavoro da svolgere con le mani e con i cuore, ad un momento per gli altri, ai compagni di viaggio (di tutte le età e di tutte le geografie) di cui adesso non potrei fare a meno. 
Sì, scelgo di percorrere ancora questa strada perchè nonostante mi rende davvero felice.
 
2 dicembre 2012, Giornata dell'Adesione ad Unitalsi

mercoledì 28 novembre 2012

Tempeste, silenzi


Scrivere... non è mai stato così difficile.
Scegliere le parole, accostarle con cura le une alle altre, sistemare le virgole al posto giusto, in queste settimane è stato davvero molto complicato. Colpa di una burrasca più forte del solito, di un momento di disagio acuto che ha intaccato anche l'unica cosa che sapevo, che so, di poter fare bene: mettere insieme parole. Ci sono stati giorni in cui anche scrivere la relazione di un incontro è stata un'impresa titanica e questo mi ha messa ancora più in crisi. "Ma come? Una relazione è facile, basta stare attenti a non fare ripetizioni e a segnare tutte le sottosezioni presenti! Non sono necessari voli pindarici, metafore o similitudini per catturare l'attenzione del lettore, è solo un documento!" Lo so, eppure... il foglio di lavoro del computer rimaneva sempre bianco (e non perchè non sapessi cosa dire... c'erano pagine e pagine di appunti!), non c'era verso di vederlo annerirsi decentemente. Ho dato la colpa all'università, all'essere più in treno che a casa, agli "impegni istituzionali" che spesso si sono sovrapposti. La verità è che qualche cosa di più insospettabile e profondo stava, sta ancora, sovvertendo il mio ordine costruito con fatica. "Ci sarà sempre qualche cosa che sfuggirà alle classificazioni e te la dovrai cavare da sola"... Me lo avevano detto i Lele e il pangolino! E' stato questo il motivo della mia assenza, del periodo di silenzio del mio Vasetto, che però nell' "al di qua" del computer è stato fin troppo rumoroso, come la confusione prima delle prove, quando oguno suona da solo.
In questi giorni ho partecipato ad uno dei miei soliti incontri di formazione per l'associazione e prima di ripartire i referenti mi hanno chiesto di redigere un "diario emozionale" che raccontasse i momenti appena vissuti. Tempo a disposizione per scrivere: meno di due giorni. Inizialmente ho detto di no (cosa avrei mai potuto tirare fuori, dato che non riuscivo a combinare niente neanche con le relazioni?) ma loro hanno insistito tanto e alla fine mi hanno strappato il sì di bocca. L'impegno del diario mi ha costretta a fermarmi un attimo e a pensare a qualcosa di concreto, mi ha "rieducata" allo scegliere le parole con cura. Il lavoro che ho spedito non mi piace molto, non mi convince nonostante le infinite riletture e le infinite consultazioni al dizionario dei sinonimi e dei contrari, ma rappresenta pur sempre un primo passo verso il sereno. E' questo, al di là del contenuto, il valore che ha per me. Avete presente il quadro "La zattera della Medusa" di Gericault? Ecco, la loro richiesta è stata la spinta a volgere lo sguardo verso il pezzettino di costa che si vede in lontananza. La tempesta non è certamente conclusa (anzi!), ma il ricominciare a riprendere in mano lettere e segni di punteggiatura è una grossa conquista. La strada verso il sereno, per me, comincia dalla scrittura.  

giovedì 1 novembre 2012

Osservazioni antropologiche: il passo veneziano


Il mio professore di antropologia direbbe che prima di formulare delle teorie bisogna vivere sul campo per molti mesi, prendere molti appunti, rielaborarli con cura. Direbbe che per comprendere a pieno un popolo non si studiano subito i suoi sistemi di credenze, i suoi riti, ma si comincia dai gesti quotidiani, dal modo con cui le persone si salutano quando si incontrano, ad esempio.
Io dopo un solo mese di vita lagunare sono pronta a dare al mondo dell'antropologia il mio contributo.
Tema: il passo veneziano.
Un veneziano si distingue da un turista perché non cammina con gli occhi verso l'alto, non gira la testa continuamente, non guarda altrove: il suo sguardo è puntato dritto nella direzione in cui deve andare, alla fine di una calle, dall'altra parte di un campo, all'imbarcadero del vaporetto... Il veneziano non guarda che dritto davanti a sé. Il veneziano sa esattamente dove deve andare. Anche se non lo sa. Il camminare veneziano nasce quindi dagli occhi: la certezza della direzione si concretizza nelle gambe. Il suo è un passo non troppo ampio, ma ben disteso, ritmato, veloce: il veneziano ha fretta, sempre: deve prendere il vaporetto, deve andare al mercato, deve andare in terraferma: non ha tempo di perdersi in chiacchiere lungo la strada. Non importa quale calzatura abbia ai piedi (infradito, stivale, ballerina, decolteé, scarpone...): il suo andare non subirà variazioni. Il suo passo, quindi, non si ferma davanti a niente, né ai turisti, né ai piccioni, né ai carri con le merci, né all'acqua alta. Rallenta solo se davanti a sé vede il pericolo di essere buttato dentro ad un canale e ha un grande rispetto per i ponti, che attraversa posando il piede su tutti i gradini. Il veneziano non è sborone, sa che dovrà camminare ancora per molto e non ci sono altri mezzi con cui raggiungere la meta se non le sue gambe. Il passo veneziano si può acquisire, infatti si notano spesso gli studenti sfrecciare dalla mensa alle aule, dalla biblioteca al vaporetto, ma quello più autentico rimane proprietà delle gambe dei veneziani doc di tutte le età: anche nelle signore più anziane si può scorgere il guizzo del passo tipico. Nonostante il suolo ideale del piede che procede in questo modo siano i maségni (la pavimentazione tipica di Venezia) il passo veneziano approda anche sull'asfalto e i sanpietrini della terraferma. Chi vive o studia o vive e studia a Venezia, oltre all'odio sviscerale per i piccioni, esporta al di là di Ponte della Libertà il passo veneziano e chiunque tenti di camminare con lo stesso ritmo del veneziano (vero o d'adozione) sarà costretto, inevitabilmente, a chiedere di rallentare. (Al liceo avevo una prof laureata a Venezia e nessuno di noi riusciva a starle dietro. Oggi io sarei in grado di avere una conversazione con lei che duri almeno mezzo chilometro).
Conclusione: la camminata di un veneziano dà più informazioni della sua carta d'identità.

mercoledì 3 ottobre 2012

A lezione dai Lele


La società Lele, studiata dall'antropologa inglese Mary Douglas ha una cosmologia organizzata che include ogni cosa nelle sue sfere di classificazione. L'unico essere che sfugge a qualsiasi etichetta è il pangolino, una specie di formichiere squamoso, che per questa comunità è pericoloso, potremmo dire che sia un tabù. Nel rituale di iniziazione dei Lele però è presente il pangolino; ma allora perchè nel momento più delicato c'è l'essere iù pericoloso? Mary Douglas ha capito che l'introduzione di questo animaletto è un modo per porre al centro del rituale il valore pù importante da trasmettere e cioè il limite delle classificazioni. "Nonostante la cultura offrirà risposte alle tue domande, ci sarà sempre un momento in cui ti troverai disorientato e dovrai cavartela da solo. Ci saranno emozioni, occasioni, situazioni che non avranno un nome. Per vivere devi classificare ma devi renderti conto che il mondo non è tutto dentro le scatole che hai costruito". Questo è l'affascinante insegnamento dei Lele.

martedì 2 ottobre 2012

Non sono scomparsa

Non sono scomparsa... sono solo tornata Laggiù.
Non sono scomparsa... ho solo cominciato l'università.
Non sono scomparsa... ho solo cambiato casa.

lunedì 17 settembre 2012

Cose da studenti

E' quando insieme ai tuoi nuovi compagni di corso battezzi l'illustre archeologo Muller-Karpe "Yogurt alla Carpa" il momento in cui sei felice di aver cominciato l'avventura.

domenica 16 settembre 2012

Dall'altra parte del canale


Sono ad un passo dall'altra riva del canale, eppure prima di scendere l'ultimo gradino del ponte sosto ancora un attimo e guardo cosa c'è al di là. Non ho paura, sono solo molto incuriosita, molto emozionata... c'è così tanto nuovo, lì davanti. Storie da condividere e costruire, scoprire, inventare. Domani è il Gran Giorno. La prof di scienze del liceo ci ha spedito una mail per augurarci il meglio; ci ha salutati dicendoci di ricordarci di "alzare gli occhi al cielo a rimirar le stelle". Mi sono commossa. Domani scenderò l'ultimo scalino del ponte e andrò alla mia prima lezione del corso, storia romana, con la certezza di non imparare solo delle date ma anche di scoprire qualche cosa di me. La vita, da domani, cambierà. Domani ci saranno appunti da prendere e risistemare, libri da sottolinerare, dispense da cui studiare. Domani, però. Domani non ci sarà tempo per i pensieri perché sarò trascinata in aula dai miei nuovi compagni di corso e, chissà, magari qualcuno lo trascinerò anch'io. Ma adesso mi posso ancora permettere ancora un pensiero ai compagni del liceo, un ultimo sguardo a quello che c'è dall'altra parte del canale.

venerdì 14 settembre 2012

Partenze

Coperte, lenzuola, portapenne, foto... il contenuto della mia valigia odierna fa capire che non è il momento di partire per un viaggio con meta e programmi precisi: è un cammino diverso da quelli intrapresi fino ad ora e io sono emozionata come ad ogni partenza.

mercoledì 12 settembre 2012

Tu.

TU. Professore che mi accogli in questo maremagnum. Non cominciare a parlarmi di titoli di tesi. I corsi non sono ancora cominciati e io ne ho appena discussa una. Vacci piano. Grazie.

lunedì 10 settembre 2012

Il mio primo giorno di non-scuola

Oggi è stato il mio primo giorno di non-scuola e chiaramente me ne sono ricordata: ho solo brindato con una granita all'arancia rossa a tutti alla salute di tutti quelli che avranno gli esami quest'anno.

I libri per la sc... università

Oggi ho comprato il primo libro per l'università: un tomone seicento pagine e spiccioli di storia medievale. (Quando il commesso me l'ha messo in mano e ho considerato che ne avrei avuti altri due della stessa materia e delle stesse dimensioni, ho rimpianto sconsolata gli anni in cui tre erano i plichi di fotocopie di Gigi). Copertina bianca, layout gradevole alla lettura, buon profumo. Si presenta bene. L'ho sfogliato, annusato, l'ho letto qua e là, quasi con reverenza, cosa che succede sempre ad inizio anno con i testi scolastici.
Noi studenti siamo una razza strana: a settembre il libro è tenuto con cura, ci riproponiamo di usare la matita e di non calcare troppo, di non piegare l'angolino della pagina e se, inavvertitamente, cade non è più finita. Siamo anche contenti al pensiero che ci studieremo sopra, ci tuffiamo dentro il naso entusiasti, anche dentro quello di fisica. Appena usciti dalla cartolibreria sembra che abbiamo in mano una reliquia delicata. 
Poi, passato qualche mese, quando il professore di turno ci obbliga a mettere nel cervello i contenuti da pagina 6 a pagina 124, lo guardiamo male e il suo profumo diventa nauseabondo; gli spazi vuoti vengono riempiti di disegni, le fotografie, se ci sono, si modificano e i cognomi degli autori diventano insulti.
Chisà perchè il rapporto cambia... forse troppa frequentazione, forse lo stare insieme per forza, forse, come nelle relazioni con le persone, a volte è necessario staccarsi un po'... pensieri in disordine, questi miei.  
Per il momento però è solo settembre e la magia del libro nuovo è ancora intatta.

giovedì 6 settembre 2012

Mi piacesse fare il scritore

Girellando per il web ho trovato questo... ci riguarda un po' tutti, dunque ridiamoci su!
 
Io, secondo me, mi piacesse fare il scritore. Pasegiare guardando la zente che camina, si basa o ciucia il ghiaciolo co l'afa e dopo metercele nei libri. Mi piacesse che la mia facia è sul libro in dela vetrina, che dopo la mia Gilda lo vede chi che sono e la smete di dirmi che sono un insipià pampalugo bon da gnente. Mi piacesse andare in ferie a Asiago e che tuti mi chiedono "Sei in ferie?" e così io ci dico: "No, lavoro" e che dopo tuti invidiosi mi dicono: "Ma che lavoro è che faressi tu a Aiago? e io ci dico: "M'inspiro". Parché il scritore, se ti viene l'inspirasione, dopo il resto è in discesa. Mi piacesse di andare nela televisione di Mentana che lui mi chiede: "Ma come a fato a scrivare un libro che tuto il mondo ne parla no solo in italiano ma anca in straniero?" e alora io, co la calma tipica di chi a già pagato il mutuo, ci dico: "Ma, cosa vuoi che ti dico, Mentana, è un dono che ci ò, per fare sto libro mi sono inspirato ala zente che camina, si basa e ciucia il ghiaciolo a Asiago, il resto è discesa". E così la mia mama da lassù, direbe a sua sorela che è anca lei lassù, ai visto mio fillio? Che rasa di scritore che lo interoga perfino Mentana? No come il tuo, che ruba i motorini e poi no riessa gnanca a vendarli!" e sarebe orgoliosa di me come la Madona col Cristo. Mi piacesse fare il scritore. se solo so come è che si fa, lo faressi.

Dietro l'angolo


"La felicità è dietro l'angolo!"
Lo si sente ripetere spesso, è quasi diventato uno slogan e a dire la verità non l'ho mai sentito mio. Possibile che a tutti gli incroci a cui ho svoltato non ho trovato quello che cercavo? Allora forse bisogna andare un po' più lontano, forse bisogna lasciarsi guidare, forse dietro questo famoso angolo non bisogna guardare da soli, perchè la gioia non è gioia se non è condivisa. E poi, eccola lì. Ed ecco comparire Annunciazioni, Sposalizi, Ultime cene, chiostri, facciate a capanna, pilastri compositi, semicolonne, volte a botte...
Felicità questa?
Certo che sì, se gli occhi che la scrutano non sono solo due ma quattro, se, sbirciando di lato, ti accorgi di non essere l'unica ad avere un sorrisone enorme davanti ad un quadro, se puoi far notare questo o quel particolare, il colore delle nuvole o il numero delle navate, consapevole che chi hai vicino capisce cosa stai dicendo, cosa stai provando. Dietro l'angolo c'è un Bach che non ti aspetti, il profumo della carta, una poesia di Emily Dickinson, oltre a tutta una serie di immagini e racconti finalmente fatti di voce e occhi prima che di byte e telefono, di parole sottovoce per non sciupare questa bellezza.  
E in treno ancora una possibilità, un altro angolo a cui girare...

venerdì 31 agosto 2012

"Hai deciso cosa fare?"

"Hai deciso cosa fare?" In ordine di tempo questa domanda mi è stata posta da un collega di servizio, da quel collega di servzio, dopo una mail piena di questioni e tecnicità associative. Ho deciso cosa fare? Dipende. Mi sono iscritta all'università, cambierò casa, butterò un po' di cose. Ma non ho ancora deciso l'atteggiamento con cui affrontare tutte queste novità, se avrò coraggio o no, se seguirò il cuore o il cervello, l'insicurezza o la certezza. Cosa rispondo? Sì, no, non so, in parte, metà-metà... E' solo una domanda di cortesia, poche storie: scrivo la facoltà e invio.

Premesse


Piove, e questa non è una premessa per il buon umore. Suona il citofono, e neanche alzarsi dal divano mentre guardi un programma meno demenziale del solito non è una buona premessa. E' la postina strampalata che grida tutto d'un fiato "Signorinavengagiùchemidevefareunafirma!". Neanche questa è una buona premessa. Mentre scendi le quattro rampe di scale ti passa davanti qualsiasi cosa: cosa non ho pagato? Quanto sono andata veloce? Ho preso una multa l'unica volta che ho preso la macchina per andare al centro commerciale. E invece... una cartolina dalla Cina, un pacchetto inatteso e Cosmopolitan gratis.
Morale: anche se le premesse non sono delle migliori, nella buchetta della posta può nascondersi qualche briciola di felicità.

lunedì 27 agosto 2012

Lasciamo queste cose a Paola Marella

Da questa giornata abbiamo capito che... cercare casa non è una passeggiata, né uno sport, né uno spasso.

domenica 26 agosto 2012

Provvisoriamente


In casa mia ci sono molti oggetti a cui non so dare una sistemazione; per tutti questi mamma dice: "Metti qui provvisoriamente, poi troveremo un posto". Io non ci credo, la maggior parte delle cose provvisorie diventa definitiva. Vuoi perchè non ci pensiamo più o perchè non abbiamo più voglia di pensarci, perchè prestiamo attenzione ad altre situazioni provvisorie o perchè il posto provvisorio è comodo. Il limbo, l'indecisione, è un posto sicuro ma insignificante e Dante lo sapeva bene: "Guarda e passa", gli diceva Virgilio. "Guarda", neanche "osserva". Il provvisorio non merita che uno sguardo fugace. Così mi sento anch'io, in questi giorni: in attesa di sistemazione, provvisoria, indecisa. Forse dovrei prendere il tutto con più filosofia, con una calma intelligente. 
Domani vado a tentare di risolvere i miei problemi con l'iscrizione al primo test di valutazione, con la mail dell'università.
Domani vado a cercare casa.

venerdì 24 agosto 2012

Senso del dovere

Ho un senso del dovere un po' troppo sviluppato che non lascia in pace le decisioni del cuore. Non so cosa fare. Siamo alle solite.

giovedì 23 agosto 2012

Le vite in uno scomparto

In questi giorni una mia amica emiliana è Laggiù e ieri sera mi ha mandato un messaggio con scritto che evidentemente il suo treno prima era stato nostro perché sulla porta di una carrozza c'era ancora una nostra etichetta. E allora ho pensato a quante vite si intrecciano senza mai incontrarsi, quante storie stiano dentro ad uno scomparto. Forse il profumo di treno che sento ogni volta che salgo è l'insieme di tutte queste vite. Chissà chi è seduto al mio posto, adesso, chissà chi ci è stato prima... noi abbiamo lasciato un segno del nostro passaggio: è quella macchia di Tavernello sul sedile... la felicità traboccava così tanto da non poter essere contenuta in un bicchiere.

mercoledì 22 agosto 2012

Missione compiuta!


Sono definitivamente una matricola.

martedì 21 agosto 2012

Io, l'università, gli impiegati della mia banca

Stamani sono andata in banca, ricolma di tanto amore e tanta pazienza per pagare la prima rata dell'università. Ora. Tengo a precisare che non sono arrabbiata con tutti i banchieri di questo mondo ma solo con quello che è capitato a me: occhiali, golf (ma siamo ad agosto!!!), camicia azzurra, capelli grici con la riga a lato. "Vorrei pagare la rata dell'università su questo conto... il codice iban è questo" e gli porgo il foglio. Dopo un "benissimo signorina, nessun problema" comincia ad arrancare: "Perchè le cifre del codice non riempiono tutti gli spazi appositi?"... no, non so se è chiaro ma me lo chiede lui. Trova la soluzione: manca un numero. Perfetto, prende un modulo nuovo e ricomincia. Un errore può capitare. Ma non lo stesso tre volte TRE VOLTE  di seguito. Già avere a che fare con gli uffici dell'università è un'impresa indicibile... per non parlare di certi siti contorti poco comodi da consultare... non mettetevici anche voi, impiegati di banca. Grazie.

Riflessioni sparse sulla mia (non) arte della cucina

Cucinare non è la cosa che mi riesce meglio e non è neanche una cosa che amo fare; nonostante questo guardo con testardo interesse programmi in cui si avvicendano Benedette Parodi, Antonelle Clerici, Alessandri Borghesi, Davidi Mengacci... tra le loro mani sembra tutto semplice: un uovo, un po' di farina, qualche goccia di cioccolato et voilà, una torta perfetta. I loro albumi montati a neve sono neve seria, come quella che si vede in montagna d'inverno, mentre i miei albumi assomigliano alla neve di pianura che non attacca alla strada, quella mista ad acqua, terribilmente triste. Perchè non bruciano mai niente e il loro piano cottura è sempre perfettamente ordinato mentre la mia cucina dopo uno solo dei miei tentativi è a soqquadro? Esperienza, certo. Ultimamente però sto migliorando, complici anche le vacanze: sono riuscita a mettere sul piatto una pasta commestibile... ok, quasi commestibie: troppo peperoncino. Se mai avrò un marito dovrà rassegnarsi: cucina lui.

Il rumore del fiume sul fondo sassoso

Ad una settimana dal rientro a casa comincio a sistemare le idee e tra tutti i momenti ugualmente speciali ne scelgo uno da condividere. Una sera noi ragazzi siamo stati esonerati dal servizio perchè il nostro assistente aveva organizzato un ritiro in Prateria, un grande prato costellato di tende e casupole. La responsabile delle volontarie ha anche dato il permesso a noi ragazze di togliere calze e velo per una sera... quale gioia, allora, nell'infilare i jeans e la polo blu! Dopo una breve introduzione in cui ci hanno parlato di coraggio, scelte, amore e sano egoismo, siamo stati liberi di andare a pensare un po' a noi. Io ho trovato subito il mio posto: mi sono seduta sull'argine del Gave, ho chiuso gli occhi e sono rimasta in ascolto per un po'. Il rumore più forte era quello del fiume sul fondo sassoso, poi delle voci, il canto di grilli e uccelli della sera, i passi dietro la mia schiena. Dopo un po' mi sono distesa sull'erba e mi sono accorta di aver avuto nostalgia del profumo della terra. C'ero solo io, lì, senza la mia armatura di candido cotone, senza difese, senza se e ma, solo con i sogni. Per la prima volta dopo tanto tempo.

lunedì 20 agosto 2012

"L'ultima riga delle favole"

Ci sono dei libri che restano tra la pila dei "libri non letti" per anni, in attesa di essere vissuti. Il dito e lo sguardo ci si soffermano sempre ma alla fine proseguono il viaggio in avanti. Finchè un giorno si sceglie proprio quello e tutto diventa improvvisamente chiaro. Questo, negli ultimi due giorni è capitato anche a me: "L'ultima riga delle favole"  di Massimo Gramellini è rimasto a lungo sullo scaffale in attesa del momento giusto. Il protagonista si chiama Tomàs, ma potrebbe anche chiamarsi come me: arrivato ad un punto della sua vita in cui avere coraggio è l'unica via, vive delle avventure al limite del sogno alle fantastiche Terme dell'Anima. Fare pace col proprio passato, scoprire un talento, non perdere l'entusiasmo sono solo alcuni degli obbiettivi degli esercizi che coinvolgono Tomàs e, di riflesso, il lettore. Una scrittura delicata ma dal tema importante: trovarsi. Senza mai dimenticare: "Sii umile: sei fatto di sterco; sii nobile: sei fatto di stelle".

mercoledì 15 agosto 2012

Work in progress



Se gli esami dell'università saranno difficili come l'immatricolazione io sono già fuori corso.

lunedì 13 agosto 2012

Sorriso


Ieri sera sono tornata a casa dopo una settimana impegnativa per cuore e gambe: è così che funziona, Laggiù. Questo è stato il mio quinto viaggio ma è stata davvero un'esperienza nuova, diversa, entusiasmante come la prima volta che sono partita. Mi porto nel cuore un servizio in refettorio un po' diverso, fatto di affetto prima che di precisione, una sorpresa speciale alla responsabile del nostro servizio, le lacrime di una ragazza innamorata sulla mia spalla, le mie lacrime di ragazza innamorata su altre spalle, i chilometri macinati un po' ovunque, un momento solo per me in riva al fiume, distesa sull'erba come non succedeva da tempo. Porto con me una decisione finalmente presa, un the freddo che non volevo finisse mai, delle stelle cadenti insolite, gli amici di altre Sezioni che ho incontrato, il dondolio del treno ma soprattutto un unico, grande insegnamento ricevuto in refettorio: il sorriso è l'unica curva che raddrizza il mondo. E' stato il sorriso, infatti, il denominatore comune di questo viaggio: quello di una signora del mio tavolo alla vista della pasta al pesto, quello che faticava ad uscire dalle lacrime, quello sorpreso della nostra responsabile, quello divertito dei ragazzi sul carretto delle valigie. Grazie di cuore ad ognuno dei miei compagni di viaggio, soprattutto a quelli che hanno tirato fuori il meglio di me.

lunedì 6 agosto 2012

Partire e raccogliere!

Proprio come l'anno scorso Back to life risuona forte nel cuore e nella testa: è già arrivato il tempo di partire. "Partire e raccogliere!"... quante volte mi sono detta così negli ultimi dodici mesi! Dalla Roma di settembre, alla Venezia di un dicembre tiepido, dalla Grecia tanto sognata, all'invasione di ragazzi a Padova, dal viaggio di maturità a Firenze, alla Roma di luglio... E quanto ho raccolto, nel mio partire! Spero che anche questa volta sia lo stesso. Stessa destinazione, stessa divisa, stesso servizio, stesso entusiasmo della prima volta nei muscoli. ma c'è qualcosa di diverso: io, innanzitutto: ricca di nuove esperienze che lo scorso agosto credevo lontane, di capacità che ho scoperto di avere, di nuove persone nel cuore, di nuovi sogni. I compagni di viaggio sono all'incirca sempre gli stessi, alcuni saliranno sul mio treno per la prima volta, e tra questi qualcuno di più speciale degli altri; tra i grandi assenti, mia nonna (che per motivi di salute ha scelto di rimanere a casa) e la storica responsabile del refettorio, il mio primo vero faro, almeno per quanto riguarda il servizio. Sono contenta, non c'è bisogno di aggiungere altro. Alla prossima settimana, quando sarà già il tempo dei racconti.     

mercoledì 1 agosto 2012

...


"Scrivimi quando sei allegra."

lunedì 30 luglio 2012

Un angelo che ci riporta sulla via

Ieri mattina eravamo circa una ventina con la polo della divisa seduti in cerchio per discutere di un nuovo evento e della sua organizzazione. Si parlava di materiali, strutture portanti per i teli, attività, simboli e, quasi come un angelo, una signora robustina e un po' impacciata vestita con il completo della domenica color ciliegia è entrata nel seminterrato fresco dove eravamo . "Scusate - ci ha detto - ma mio figlio è paralizzato, mi chiedevo se potreste venire ad aiutarmi a metterlo sulla sedia a rotelle, qualche volta, a portarlo un po' in giro... Io e mio marito siamo anziani e non abbiamo più tante forze, so che è quasi agosto e state per andare in vacanza ma avremmo tanto bisogno di voi, abitiamo qui dietro..." . Dopo qualche attimo di silenzio imbarazzato il referente nazionale che è del posto le ha spiegato che lì c'erano persone provenienti da tutta Italia e l'ha accompagnata nella stanza accanto per lasciarle i vari numeri di telefono. Quando la signora è andata via eravamo incapaci di continuare i nostri discorsi perchè tutto d'un tratto abbiamo capito che erano insensati se non avevano come centro l'attenzione al più debole. Quella signora ci ha riportati al senso più profondo del nostro servizio, ci ha regalato una lezione di umanità e umiltà che, sono certa, non dimenticheremo con facilità.

giovedì 26 luglio 2012

Due anni di margherite


"Tanti auguri a te, tanti auguri a te..." canto piano rileggendo due anni di Vasetto di Margherite. Mi nasce da dentro, un grazie sussurrato per quanto, attraverso questo posto in un angolo sperduto di web, ho ricevuto. Grazie a chi si ferma di qui di passaggio, solo per una volta, ai fedelissimi, a quelli che lasciano una parola sotto alle mie e ai silenziosi. Grazie per il concime, per l'acqua che ha riempito il mio Vasetto a volte arido.
Le margherite hanno il gambo corto e pelosetto, te le ritrovi ovunque, vengono brutalmente strappate da innamorati in cerca di risposte, possono apparire fiori insignificanti, non hanno sfumature infinite come le orchidee o le rose, non sono eleganti come le calle e non si possono raccogliere per farne un grande mazzo. Ma le margherite non nascondono insidie né trucchi, amano il contatto con la terra, vedere le radici delle cose, resistono al vento: le loro radici sembrano fragili e corte ma in realtà sono ben ancorate al terreno; profumano di miele, non hanno particolari esigenze di luce e terreno, sono i primi fiori che i bambini imparano a disegnare - bellezza che crea bellezza... da grande voglio essere una margherita.

martedì 24 luglio 2012

Un nuovo...

Una nuova mail, una nuova richiesta, un nuovo sì, una nuova Roma, una nuova compagna di viaggio, un nuovo biglietto, una nuova riunione, una nuova esperienza, un nuovo compito, delle nuove conoscenze... sono ufficialmente gasata.

domenica 22 luglio 2012

Buttare

Oggi ho scoperto di essere brava a buttare cose vecchie. Intendiamoci, i ricordi sono ricordi, ma quello che non serve si elimina per far posto al nuovo, al futuro. In particolare mi sono occupata del mio armadio, con due criteri: il primo: tolgo tutto quello in cui non entro. Niente "magari, un giorno, chissà, la lampo si chiuderà ancora...". Il secondo: via tutto quello che non porterei questa sera stessa, senza sentimentalismi. Nel sacco nero sono finiti tanti regali, magliette con cui ho vissuto bei momenti, ma non ho avuto pietà. Alle volte bisogna essere duri anche con se stessi.
E io adesso mi sento molto meglio.

martedì 17 luglio 2012

Nonno saprebbe


E' metà luglio e io non ho idea di cosa farò a settembre. O meglio. Qualche cosa in testa ce l'ho, ma continuo a chiedermi: "è la cosa giusta, vuoi farlo per tutta la vita?" e mi metto le mani tra i capelli perchè un insopportabile senso di oppressione mi invade la gola. La verità è che ho paura. Ho sempre avuto paura di cambiare, scegliere, trasformarmi, in una parola di diventare grande.  Non sono mai stata un giunco flessibile, una calla dal collo elegante e sinuoso, ma una margherita dal gambo esile, basso, pelosetto, terribilmente condizionata dal giudizio altrui. Ho sempre cercato di rendere felici le persone che mi stavano intorno prima che me. Finora è stato semplice: ciò che volevo io era quello che volevano loro. Ma adesso che tutto è confuso e i segnali lungo la via si fanno sempre più martellanti, accattivanti e rumorosi io mi sento persa. "Ti vedo con la penna in mano", "Non ti brillano gli occhi", "Hai bisogno di persone intorno a te", "Hai mai pensato di fare l'educatrice?", "Potresti andare a fare l'istituto per il restauro". E in tutto questo io, che non so da che parte prendere la mia vita, da quale parte cominciare a farne un capolavoro e quali colori scegliere per dipingerci sopra. Se nonno fosse qui, non avrebbe dubbi: mi direbbe che si comincia con la matita, piano, senza calcare, tratto deciso ma delicato. Poi si prendono i cinque barattoli di colori ad olio fondamentali (nero, bianco, rosso, giallo e blu), si riempie un bicchiere d'acqua e si comincia ad intigere il pennello. Si scelgono i colori, si mischiano piano, aggiungendo poco colore scuro alla volta, si prova il nuovo colore su un foglio pulito; solo allora il pennello tocca la tela bianca e si comincia a fermare l'arcobaleno. "Aggiungi, aggiungi colore, forza, Folletto! Stendilo bene, guarda che belle sfumature che vengono fuori". Io non so cosa dirmi, ma nonno sì, lui lo saprebbe. Continuo a rimandare, ma il tempo stringe. Prenderò una decisione, sì. Non sopporto questo limbo di incertezza e insicurezza.
"Aggiungi colore, dai, senza paura, di più, ancora senza paura!"

Incuriosita insicurezza

"Associativamente parlando, l'anno scorso a quest'ora non sapevo di essere al mondo".
Vorrei tornare indietro per provare il senso di incuriosita insicurezza che l'estate scorsa accompagnava caldi giorni di luglio.

domenica 15 luglio 2012

sabato 14 luglio 2012

Il mio viaggio di maturità


Pensado alla meta per il mio viaggio di maturità ho puntato il dito sull'atlante e ho detto. "Voglio andare qui". Firenze. La città di Dante, Lorenzo il Magnifico, Guicciardini, Michelangelo, solo per citarne alcuni. Una città che ho sempre visto solo di passaggio, non troppo lontano da casa, accessibile e comodamente raggiungibile, ma così piena di tante cose belle, così densa ed intrisa d'arte che non potevo lasciarmela sfuggire. Da piazza della Signoria agli Uffizi, dall'Accademia al bugnato di Palazzo Strozzi (che io credevo fosse una creatura mitologica), dallo Spedale degli Innocenti a Palazzo Medici Riccadi, da San Lorenzo a Santa Croce, dal Duomo a Santa Maria Novella mi sono lasciata trasportare per due giorni intensi e veloci, ero a mio agio nel caldo, tra la folla assiepata davanti ad un quadro, in fila con delle ragazze marchigiane, seduta su una pachina ad ammirare Firenze da Piazzale Michelangelo. Non mi sono mai sentita fuori posto, neanche nel mezzo di un'onda di giapponesi. Via dopo via, museo dopo museo tutto ciò che per tanto tempo era stato solo un' immagine si è concretizzato davanti ai miei occhi stupiti, come i libri pop-up. Non so dire cosa mi abbia stregato in particolare, ma non posso fare a meno di dire quanto sia rimasta incantata davanti all'Annunciazione di Martini, alla Nascita di Venere e alla Primavera di Botticelli, al David di Michelangelo, alla Crocifissione di Masaccio. Statue, affreschi, tavole e tele che non ti stancheresti mai di guardare... forse è proprio questo che fa di un oggetto d'artigianato un'opera d'arte: un orologio, ad esempio, per quanto ben costruito, sarà sempre e solo un orologio; ma un quadro, se l'artista è capace, non è solo tela: racconta la storia di un'epoca, trasmette sensazioni, sa essere nuovo ad ogni sguardo. Firenze, in due giorni, mi ha insegnato questo.

lunedì 9 luglio 2012

Epilogo


[rondini sopra la città]


Se questo fosse un film, ci sarebbero due secondi di schermo nero. La telecamera a questo punto sarebbe sistemata dentro la scuola, puntata sulla porta di vetro; mi si vedrebbe arrivare, cercare il foglio della mia classe, scorrere col dito fino al mio nome e spostarlo sulla destra, sul numero che indica la mia maturità scolastica e poi sorridere brandendo il braccio destro al cielo. Allora la scena si sposterebbe fuori dalla scuola e a poco a poco l'inquadratura si allontanerebbe da me, sarei solo un puntino rosa che si muove, lasciando vedere la città dall'alto, con i suoi campanili e i suoi alberi. La telecamera virerebbe ed inquadrerebbe la sagoma delle mie montagne, sfondo di tutti questi anni di scuola. E poi basta, lo schermo tornerebbe di nuovo nero e sulle note di "La strada" dei Modena City Ramblers scorrerebbero i titoli di coda.
"Non voltarti ti prego, nessun rimpianto per quello che è stato. Che le stelle ti guidino sempre e che la strada ti porti lontano".
Questo è l'epilogo.

venerdì 6 luglio 2012

In un labirinto vero

In onore del tema svolto alla maturità oggi sono andata a visitare un labirinto vero in una villa vicino Venezia. Credo che questa sia un'esperienza che tutti dovrebbero provare... perdersi per ritrovarsi, sbagliare strada, tornare indietro, ritrovarsi confinati in un corridoio verde, vedere la strada sbarrata da una siepe... eppure la torretta è proprio qui davanti! Una metafora della letteratura, della quotidianità, della vita in generale... ma anche un gioco appassionante. In realtà avevamo una piantina del labirinto ma quella l'ho lasciata a mamma: volevo arrivare da sola alla soluzione. Ce l'ho fatta? Sì. 





giovedì 5 luglio 2012

Trieste ha una scontrosa grazia...

Oggi ho fatto una giterella a Trieste sulle orme di Saba, Joyce e Svevo.Ho girato tra musei, librerie, strade, caffé... Non dirò molto perchè già hanno scritto loro ma tengo a precisare due cose.
La prima: mi sono sentita come una bambina in un negozio di caramelle, quando sono entrata nella libreria dove lavorò Saba. Libri, libri, libri ovunque, e una gingantografia del mio amico Umberto difronte all'entrata.
La seconda: sono andata al Caffé San Marco e ho pagato quattro euro per un succo all'ananas ma ero tremendamente contenta di essermi seduta sulla panca su cui sono stati i miei tre amici.


[Saba in via Dante] 


[Joyce in zona Canal Grande]


[La libreria di Saba]

mercoledì 4 luglio 2012

Fare poesia

"Come si fa a scrivere una poesia?"
"Mah, non so, la poesia tormenta, infondo non si sa... insomma, tutto deve finre sol combinare e col dare la sensazione che si è espressa la poesia... anche se non si è mai espressa la poesia, si è sempre scontenti, no? Eh, perchè la parola è impotente, non riuscirà mai a dare il segreto che è in noi. Mai. Lo avvicina!" 
Ungaretti

domenica 1 luglio 2012

Accetta il consiglio!


Goditi potere e bellezza della tua gioventù. Non ci pensare.
Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto.
...
E in un modo che non puoi immaginare adesso.

Quante possibilità avevi di fronte
e che aspetto magnifico avevi!
Non eri per niente grasso come ti sembrava.

Non preoccuparti del futuro.
Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica.

I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.

Fa' una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta!

Non essere crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.

Lavati i denti.

Non perdere tempo con l'invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro.
La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso.

Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente, dimmi come si fa...

Conserva tutte le vecchie lettere d'amore,
butta i vecchi estratti-conto.

Rilassati!

Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.

Prendi molto calcio.

Sii gentile con le tue ginocchia,
quando saranno partite ti mancheranno.

Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant'anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso,
ma non rimproverarti neanche: le tue scelte sono scommesse,
come quelle di chiunque altro.

Goditi il tuo corpo,
usalo in tutti i modi che puoi,
senza paura e senza temere quel che pensa la gente.
E' il più grande strumento che potrai mai avere.

Balla!
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.

Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza:
ti faranno solo sentire orrendo.

Cerca di conoscere i tuoi genitori,
non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli,
sono il miglior legame con il passato
e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.

Renditi conto che gli amici vanno e vengono,
ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita,
perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.

Vivi a New York per un po', ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po', ma lasciala prima che ti rammollisca.

Non fare pasticci con i capelli: se no, quando avrai quarant'anni, sembreranno di un ottantacinquenne.

Sii cauto nell'accettare consigli,
ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia.
Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio,
ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte
e riciclarlo per più di quel che valga.

Ma accetta il consiglio... per questa volta.

 
Big Kahuna, Il monologo

Da invidiare a Sua Maestà


C'è una scena del film The Queen (2006) che mi piace tantissimo: Helen Mirren, la regina, appena sveglia è circondata dai giornali e ha una tazza di the sul comodino. In effetti i giornali non parlano molto bene di lei perchè non ha rilasciato nessun comunicato per la morte di Diana. A parte la trama del film (uno dei miei preferiti per tema, punto d'osservazione, ambientazione) quella è una tra le scene che amo di più e una delle cose che invidio molto: la possibilità di leggere i giornali appena sveglia, senza per forza vestirmi e uscire di casa per andare a comprarli... mi piace sapere cos'è successo al mondo mentre stavo dormendo e, spesso, mi piacerebbe farlo senza scendere dal letto per decidere se andare tra i leoni o restare, pigramente, a dormire.

venerdì 29 giugno 2012

Quarto e ultimo giorno di esami ovvero: "Padri e figli: storia di una assenza"


Capelli appena lavati, lunghi e sciolti, ballerine bianche con fiocchetto, orecchini con le margherite e un vestito bianco a margherite blu: questa ero io, questa mattina. Sono arrivata davanti a scuola stringendo in mano la mia tesina dalla copertina rossa, in anticipo, come al solito. Avevo paura? Moltissima e di tutto. Ma quando mi sono seduta sulla sedia e ho guardato uno per uno gli insegnanti che avevo davanti è subito andata via. Ho parlato, parlato, parlato... ho anche sorriso, ho gesticolato poco, ho esposto il mio lavoro e attraverso questo ho raccontato di me. Io ero lì. Con le mie margherite, con la sciarpa dei ragazzi dell'associazione in borsa, con le esperienze famigliari che mi hanno segnata e fatta crescere un po' più in fretta. Non sono niente di più. Mi sono trovata a mio agio, incredibilmente. E poi ci sono state le domande e dove non sapevo rispondere ho cercato di tirare l'acqua al mio mulino, mi sono arrangiata in qualche modo. E poi il presidente della commissione ha annunciato: "il suo esame è finito, signorina" e io mi sono sentita libera. La frase magica che si porta via anni di studio, giorni di paure, molti attimi di sconforto ma anche momenti di gioia vera. Questo esame è finito. La scuola è finita. Davanti a me c'è la vita.