Oggi ho comprato il primo libro per l'università: un tomone seicento pagine e spiccioli di storia medievale. (Quando il commesso me l'ha messo in mano e ho considerato che ne avrei avuti altri due della stessa materia e delle stesse dimensioni, ho rimpianto sconsolata gli anni in cui tre erano i plichi di fotocopie di Gigi). Copertina bianca, layout gradevole alla lettura, buon profumo. Si presenta bene. L'ho sfogliato, annusato, l'ho letto qua e là, quasi con reverenza, cosa che succede sempre ad inizio anno con i testi scolastici.
Noi studenti siamo una razza strana: a settembre il libro è tenuto con cura, ci riproponiamo di usare la matita e di non calcare troppo, di non piegare l'angolino della pagina e se, inavvertitamente, cade non è più finita. Siamo anche contenti al pensiero che ci studieremo sopra, ci tuffiamo dentro il naso entusiasti, anche dentro quello di fisica. Appena usciti dalla cartolibreria sembra che abbiamo in mano una reliquia delicata.
Poi, passato qualche mese, quando il professore di turno ci obbliga a mettere nel cervello i contenuti da pagina 6 a pagina 124, lo guardiamo male e il suo profumo diventa nauseabondo; gli spazi vuoti vengono riempiti di disegni, le fotografie, se ci sono, si modificano e i cognomi degli autori diventano insulti.
Chisà perchè il rapporto cambia... forse troppa frequentazione, forse lo stare insieme per forza, forse, come nelle relazioni con le persone, a volte è necessario staccarsi un po'... pensieri in disordine, questi miei.
Per il momento però è solo settembre e la magia del libro nuovo è ancora intatta.
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