"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

martedì 31 dicembre 2013

Un fiocco nero intorno al mondo

C'è un fiocco nero intorno al mondo, oggi, e io non ho più voglia di parlare. Mi stringo nella coperta di pile verde e non lascio entrare niente. Nessun rumore, nessuna musica, nessun colore. Intorno c'è ovatta, la realtà va come a rallentatore. Torno a l'altro ieri, alla penombra di una stanza troppo calda, ai tubi, ai monitor, al sorriso dolce e pieno di sorpresa. "Sei venuta!" Dopo questo anno turbolento non mi aspettavi. E nemmeno io credevo che avrei avuto il coraggio di affrontare quest'altra mia piccola paura. Torno ai chilometri insieme, ai giorni di sole, alla penombra del treno, alla sala da pranzo e al tuo posto, capotavola a destra, primo tavolo entrando. Torno alla riva del fiume coperta dagli alberi, alla carrozzina con la retromarcia e i fari, al tuo bicchiere con la cannuccia. Torno alla tua voglia di vivere, al mondo che riuscivi a muovere solo stando ferma, alla fila per salutarti, agli abbracci che non riuscivi a dare che con lo sguardo. Torno lì. Per qualche misterioso disegno la mia strada  ha incrociato la tua e per questo mi viene da dire grazie. 
Ti sia la terra lieve e dolce il cammino verso cielo.

lunedì 30 dicembre 2013

365 opportunità

[Fonte foto: web]

Arrivo agli ultimi giorni dell'anno piuttosto stanca, assonnata e malaticcia. 
Non ho voglia di far festa per i 12 mesi che verranno, vestirmi decentemente e aspettare mezzanotte. Non ho nemmeno voglia di fare bilanci, liste di luoghi visitati, libri letti, foto scattate. Ho tutto bene in mente e ci sono cose che ho bisogno di lasciarmi scivolare di dosso, mentre altre devono ancora avere il tempo di sedimentare per costruire uno zoccolo duro da cui ripartire. Molto si è trasformato, dentro e fuori di me, e adesso è il momento di rallentare, stare in silenzio, godersi un po' di musica e assemblare il puzzle che Babbo Natale ha portato. Non ho neanche voglia di fare programmi per l'anno nuovo, non ho voglia di pensare agli esami, a quanti crediti avrò maturato alla fine del semestre, alle materie che studierò da febbraio a giugno; non ho voglia di immaginare il prossimo viaggio, la prossima avventura con i miei ragazzi, la prossima gita in macchina. 
Ciò di cui sono certa è che i prossimi mesi saranno ricchi di opportunità, di quei "minuti gialli", di quelle cose piccole e preziose di cui vado ghiotta: a ciascuno di voi, ma anche a me, l'augurio di saperle cogliere, trascorrere, vederle tutte.

sabato 21 dicembre 2013

La quarta luce


[se le sporte potessero contenre sogni]
 
"Dov'è il tuo tesoro lì c'è il tuo cuore. E qual è il tuo tesoro se non il cumulo delle tue speranze e le persone per cui trepidi e soffri? Un tesoro di persone e di speranze è il motore della vita. Il cuore vive se gli offriamo tesori da amare, da sperare, da cercare. Altrimenti non vive. La nostra vita è viva se abbiamo coltivato tesori di persone, tesori di speranza, la passione per il bene possibile, per il sorriso possibile, per l'amore possibile, un mondo migliore possibile."
 
E. Ronchi

martedì 17 dicembre 2013

La danza del 18

Sono nauseata dal ripetere il programma dell'esame. 
Ho un rifiuto verso gli appunti e le fotocopie. 
Guardo Alberto Angela su youtube per ripassare tutto.

Spero che il serenissimo Doge e l'illustrissima Signoria me la mandino buona.  

domenica 15 dicembre 2013

La terza luce

[fonte foto: web]
 
Caro Babbo Natale,
Quest'anno, beh, non si può proprio dire che il mio comportamento sia stato esemplare. Sono stata un disastro: ho sbagliato un sacco di volte, sono stata zitta quando avrei dovuto parlare, ho parlato quando avrei dovuto stare zitta, sono stata superficiale. Ho detto le cose sbagliate al momento sbagliato, ho ferito delle persone, ho messo in dubbio le loro capacità, non sono stata attenta ai loro bisogni, non ho dato loro l'attenzione che avrebbero meritato. Tante volte ho dubitato di me stessa, mi sono fatta mille paranoie, mille film mentali. E per tutto questo raramente mi sono perdonata. 
Però credo che dovresti mettere il mio nome nella lista dei buoni e portarmi un regalo e sai perché? Perché nonostante tutto ogni mattina mi sono alzata dal letto e ho fatto il possibile per trovare i minuti gialli nei giorni grigi. Nonostante le nuvole ho creduto fermamente nel sole e ho provato a sorridere anche quando non avevo proprio voglia di farlo. Perciò credo di meritare un regalo, diciamo un piccolo incentivo. 
Dunque, io vorrei ciò che resta. Non importa se non riesci ad impacchettarlo per bene o se non farai in tempo a portarmelo la notte del 24. Pensa prima ai bambini che hanno una salda fiducia in te. Io posso aspettare anche dopo le feste, se ti viene più comodo. Anzi, facciamo così: me lo porti a rate, durante tutto l'anno, così me lo gusto per bene. E ti lascio anche scegliere la forma che ti va meglio. Tanto ti ho chiesto ciò che resta e ciò che resta è l'amore e l'amore si manifesta in centinaia di modi diversi. Quindi fai tu, scatena la fantasia e non essere tirchio. 
Grazie mille e buon lavoro,
Chiara

lunedì 9 dicembre 2013

La relazione per la mamma

Tema: madri che giudicano così bene le relazioni dei tuoi progetti da affidarti la scrittura delle proprie. 

"...Quindi me la scrivi tu?"
"Sì, hai gli appunti?"
"Ho preso due pagine di appunti!"

Ho letto gli appunti ed erano... presi malissimo! Se lei prende gli appunti così io non posso essere sua figlia. Ok. Calma.

"Ma ho anche la registrazione!"

Brava la mamma. Mi sono ascoltata unoraequaranta di robe sue. Scrivo la relazione e gliela faccio leggere.

"No no... è scritto troppo complicato! Non va bene, devi semplificare... mica la devono leggere all'ONU!"
"Senti. Io scrivo le relazioni così. E Collega non si è mai lamentato". 
"Ma hai messo i nomi dei presenti in ordine alfabetico!!! Non sarai un po' maniaca?"

Ah, il mio tocco di classe u.u  


 

sabato 7 dicembre 2013

La seconda luce


[la luce del parco]

Compone il numero a memoria.
Non sapeva nemmeno di ricordarselo. 
Il telefono squilla. 
Trattiene il respiro.
"Pronto?"
"Nonna..."
E' sorpresa. Sono le sei di una sera qualunque, di un giorno qualunque, di un mese qualunque, di un anno qualunque. Ma dall'altro capo del telefono non c'è una persona qualunque, un qualunque centralino, un qualunque sconosciuto che ha sbagliato numero. 
"... sei tu veramente?"
"Certo, sono io".
E parlano come se nulla fosse successo, come se gli anni di silenzio si fossero annullati, come se fosse ieri, come se lui ci fosse ancora. 
"Vieni a trovarmi, un giorno."
Un invito inaspettato, sembra una luce. 

Guida piano ma è nervosa. Non c'è musica che riesca a calmarla. 
Prima di uscire di casa si è truccata con calma, ha cambiato lo smalto bordeaux e ne ha scelto uno dai toni naturali. Si è messa il rossetto. 
E ha compiuto tutti i suoi piccoli rituali che di solito compie prima degli esami: candele, filastrocche, incontri. 
Parcheggia la macchina ma non si decide a scendere. 
Ha paura dei mostri del passato, della temibile penombra del sabato pomeriggio dell'infanzia. 
Anche adesso è sabato pomeriggio, anche adesso come allora. 
Si ricorda del parchetto vicino a casa. Forse c'è ancora, forse è meglio andare lì, prima. 
Ci sono mete di cui non si dimentica la strada e la mappa è custodita nel primo cassetto del cuore. E questa è una di quelle. 
Il parchetto è come una radura nel bosco, è la casa delle fate. Ci andavano sempre, quando era bambina. Era la loro meta dei giorni di sole. Quello è il luogo dei suoi primi ricordi. 
Al centro c'è lo scivolo blu, il loro scivolo blu, quello da cui era bello buttarsi perché il cuore saliva in gola, i capelli corti si agitavano un po'. Era bello perché in fondo c'era sempre qualcuno che la aspettava. 
Le sembra di vedersi, piccina. 
Le sembra di vederlo, grande. 
C'era la luce e il sole e il cielo azzurro e le nuvole di cotone e il prato con le margherite. 
Un'isola luminosa, opposta alla perenne penobra del salotto. 
E' lì che sta andando, adesso. 
Ad affrontare la penombra. La sua penombra. 
Suona il campanello. 
Le ha comprato dei biscotti. Che cosa ridicola... dei biscotti. Ma sono tipici, vengono dalla pasticceria più buona della città e sono costati anche un occhio della testa. Spera che questo li renda meno stupidi. 
Le tende si spostano e il cancello si apre. 
"E' una sorpresa, non ti aspettavo". 
Non riesce a dire nulla. La abbraccia e basta. 
Parlano del presente e del futuro, di cose semplici, di vita. 
Ha i suoi occhi puntati addosso, si sente come all'esame di diplomatica, quando ha sbagliato perfino l'argomento a scelta. Ha sempre temuto quegli occhi piccoli e verdi. Lei li ha uguali. 
Ogni tanto sbircia di lato, a capo tavola. Era quello il suo posto di capotribù. 
Sbircia oltre la porta, verso le scale che portano alla taverna. E al laboratorio. Era quello il suo posto di artista, di re, di cantastorie. 
Nessun accenno al passato più doloroso, la conversazione è stranamente piacevole. "Non hai mai giocato, tu, io mi ricordo. Sempre con la penna in mano, sempre con la testa tra i libri, sempre a disegnare e a scrivere. Non eri una bambina difficile. Bastavano una biro e un pezzo di carta". 
Sorride. Quell'incontro ha fatto bene ad entrambe. 
Adesso è tempo di andare. 
Tra le case e gli alberi infiamma un tramonto rosso, uno di quelli con la sua firma. 
Mette in moto la macchina e si sente un po' più grande di quando ha parcheggiato. 
Lacrime offuscano la vista. 
Forse è meglio accostare e fermarsi un po'.
Il mascara non è waterproof ma infondo chissenefrega. 
Il tramonto è sempre più rosso. 

giovedì 5 dicembre 2013

Tacche rosse





[Per stare insieme]
 
Ci sono dei momenti della vita che sono come uno spartiacque, come delle tacche rosse nella nostra linea del tempo. Momenti in cui tutto cambia: un incidente, un incontro, un viaggio, una nascita, una lite. In prospettiva possiamo riconoscere un prima e un dopo. Se fossi una storica direi che questi non sono altro che punti convenzionali e semplici eventi presi dagli studiosi come riferimenti e che i confini tra le due parti sono in realtà permeabili. Ciò che nei libri raramente c'è scritto, però, è che spesso questi momenti hanno conseguenze irreversibili, rappresentano davvero dei punti di non ritorno. 
Si parlava proprio di questo, qualche sera fa a cena. Di una telefonata, di quella telefonata che ti cambia radicamente l'esistenza anche se ancora non lo sai bene, anche se non hai capito cosa devi fare e perché devi prendere un treno per la Capitale da sola. E allora ci siamo chieste come si viveva nel prima, com'era senza noi, senza i messaggi su whatsapp, senza quegli occhi, senza quelle persone, senza la sensazione di essere a casa in qualunque parte d'Italia. Perché nell'adesso è questo a costuire la nostra quotidianità, a riempirci l'agenda e le valigie. 
E le tacche rosse hanno un senso.
12 ottobre 1492 : Colombo sbarca nel Nuovo Mondo.
 

Altro che essere o non essere

Dare due esami di storia da 12 crediti ciascuno in due giorni e morire ma avere la prospettiva di ben quindici giorni di svacco o diluire il carico e avere solo un week end di pace?

Sono problemi molto seri. 

domenica 1 dicembre 2013

La prima luce

La mia prima candela dell'Avvento è stata accesa da un post - it azzurro.

"Ascoltare l'altro è importante perché così si sente amato. E' importante perché un giorno potrei aver bisogno di essere ascoltato io".

C'è solo da imparare.

venerdì 22 novembre 2013

Lo sconosciuto

[in viaggio verso la fine del treno]
 
Salgo in treno con insolita calma, dopo aver letteralmente attraversato tutta la città con la valigia e dopo essere stata impacchettata tra le persone sul vaporetto per l'intero percorso. La festa di questi giorni ha riversato molta gente lungo le calli e i campi ma le bancarelle stracolme di ogni sorta di dolci e il sole dopo l'acqua alta mi mettono di buon umore. 
Dicevo. 
Salgo in treno con insolita calma e mi accoccolo nel posto vicino al finestrino, come al solito: un posto privilegiato per godersi lo spettacolo della città che piano piano scompare nella laguna e nel cielo. Vorrei sfogliare il mio Marieclaire nuovo di zecca anche se sono contrariata perché il giornalaio aveva finito Cosmopolitan. Poco dopo arriva un signore sull'ottantina, presumo, capelli e barba bianchi, tra le mani ha una borsa marrone scuro, color castagna, dalla cui tasca sul retro sbucano gli schemi di una settimana enigmistica. Assomiglia a Socrate. Mi chiede di spostarmi nel sedile accanto, perché vorrebbe allungare le gambe. E io mi sposto, ma solo per buona educazione, perché vorrei continuare a guardare fuori leggere il mio mensile frivolo e lasciar scorrere i pensieri, veloci come il treno che non è ancora partito. Non so come cominciamo a parlare. Femminicidio, politica (per principianti), guerra, destino, religione, famiglia. E non so come mi trovo a citare Seneca in latino. Non so quale angolo del cervello abbia custodito un intero passo delle Lettere a Lucilio. Nel frattempo il treno ha cominciato la sua corsa e non mi interessa nemmeno più quello che c'è fuori dal finestrino. Mi interessa il signore che ho qui davanti, le sue domande scomode, le considerazioni non scontate intervallate da un "mi scusi, sa, io sono un po' eretico" che dice con un sorriso e mi suona come una specie di intercalare. Mi incuriosisce che, nonostante abbia molta vita dietro si sé sia alla ricerca di risposte che, lo sa, non saranno definitive, perché il tempo gli farà cambiare ancora prospettiva, gli farà imparare ancora un po' di più. "Forse la sto disturbando, mi dispiace", dice dopo un po', probabilmente perché non sto rispondendo alle sue domande perché non sto ribattendo alle provocazioni con altre provocazioni. Io non ho risposte. Non ne ho mai avuta nemmeno una, in realtà. Però nelle gambe ho la forza necessaria per cercarle. Continuo ad essere affascinata da questo signore che sta facendo lavorare il mio cervello, da questo tizio che assomiglia a Socrate che non la smette più di parlare. Arriva, per me, il momento di scendere. Recupero la mia valigia e infilo il giubbotto. Lo sconosciuto di alza, mi stringe la mano e mi saluta. 
Scendo dal treno con insolita gioia, dopo aver fatto lo slalom tra le altre valigie e gli altri passeggeri che devono scendere. Mi accoglie il buio delle sei, una pioggia fine fuori dalla banchina.
Dicevo. 
Scendo dal treno con insolita gioia e mi torna in mente una frase di John Lennon: "Life is what happens to you while you're busy making other plans".  

domenica 17 novembre 2013

Mòeghea


[fonte foto: web]
 
Il riassunto di questa soleggiata domenica di novembre può essere fatto con una bellissima parola lagunare: mòeghea. 
Per gli abitanti di terraferma: "dacci un taglio". 

domenica 10 novembre 2013

Un ricordo in bianco e nero

E' una foto in bianco e nero, questo ricordo. E' una foto che non ricordavi nemmeno fosse stata scattata, rimasta in un cassetto del cuore. E all'improvviso spunta fuori mentre eri alla ricerca di altro. Sbuca come le cose importanti. 
In primo piano, un abbraccio in un pomeriggio speciale, un naso rosso e una divisa, un camice colorato, gli occhi chiusi e un sorriso. In secondo piano, sfocate, due divise bianche, due donne, una alta e l'altra un po' più bassa. Questo è quello che si vede ad un primo sguardo. Ma io so che ci sono due età diverse, due paia d'occhiali, due storie. So che c'è una parola sussurrata, una lacrima ribelle. Tutto questo c'è, ma non si vede. 
E oggi torna, potente come un'onda sugli scogli, dolce come una tazza di the alla melissa.

sabato 9 novembre 2013

Gli ormoni in subbuglio


[fonte foto: web]
 
Televisione, the alla pesca, copertina, capelli spettinati, caramelle, film mentali da oscar. 
Gli ormoni in subbuglio hanno i loro lati positivi. 

lunedì 4 novembre 2013

Nel mio elemento

"Avrai avrai avrai il tuo tempo per andar lontano" così canta Baglioni a tutto volume mentre io sfreccio in autostrada in una giornata decisamente calda e luminosa per essere novembre. La pianura diventa sempre più pianura, il traffico aumenta e io mi sento bene. Inspiro, espiro. Sorrido perchè sto bene. E sto bene perchè sono nel mio elemento: la macchina. Mi piace guidare, trovo che sia proprio una forma di terapia. Se c'è qualcosa che non va ho capito che girare la chiave, accendere l'autoradio e andare placa qualunque tristezza e qualunque arrabbiatura. Mi piace il traffico, anche se a volte mi trasformo da madamigella dalla bocca pulita a scaricatrice di porto della peggior specie, e quando sono ferma al semaforo osservare gli autisti accanto a me. Mi piace scoprire nuove strade e nuovi posti, lasciarmi guidare dalla curiosità e dall'intuito senza impostare per forza il navigatore. Mi piace il senso di assoluta libertà che provo con un volante in mano, l'adrenalina di poter scegliere la mia strada, di essere indipendente. Non so da dove arrivi questa passione... sarà che sono nipote di mia nonna, che odia cucinare ma alla guida è un centauro. Sono uscita dall'autostrada, vago per strade piene di semafori e autovelox, c'è sole e sto cantando. Potrei andare in capo al mondo, mi basterebbe fare il pieno di benzina. Però tra ottocentocinquanta metri sarò arrivata a destinazione.

giovedì 31 ottobre 2013

A chi non sa dire grazie





[fonte foto: web]

Non mettermi accanto a chi si lamenta

senza mail alzare lo sguardo,
a chi non sa dire grazie,
a chi non sa più accorgersi di un tramonto.
Chiudo gli occhi.
Mi scosto di un passo.
Sono altro,
sono altrove.  
Alda Merini

mercoledì 30 ottobre 2013

Shhhhh...

Insomma, shhhh... silenzio. 
Cd creato nuovo di zecca, the alla melissa, cioccolata fondente, luce calda dell'abat jour e libro non vogliono rumore. 
Shhh... 

giovedì 24 ottobre 2013

Le cattive abitudini di Carlo Magno


[fonte foto: web]

Lo studio prolungato della storia medievale produce effetti collaterali.

A vedere dove nasce il fiume


[riflessi]
 
Molla i libri e prendi la macchina. Prenditi il pomeriggio, che a Carlo Magno ci pensi domani. E per andare dove? Non si sa, intanto in viaggio. Radio DJ canta, il pieno è fatto. Si può andare nella natura. Anche se il tempo è proprio autunnale e quasi piove. Andiamo a vedere dove nasce il fiume. Forse si girava a destra, forse hanno messo una rotonda in più, ah, ecco la segnaletica. Strade da cappuccetto rosso fanno sobbalzare il pandino. Eccoci. Forse le scarpe sono più da centro commerciale che da passeggiata nella natura, ma non importa. Che pace, ragazzi. Inspirare, espirare, inspirare, espirare. I pensieri sulle caratteristiche instrinseche dei documenti e il monanchesimo insulare scivolano via come le foglie gialle sul fiume. Guarda quanto è limpida l'acqua, qui. Aveva ragione la prof di greco del liceo quando ci diceva di andare a camminare quando non riuscivamo a studiare. "Date ossigeno a quei neuroni, non rimanete nei tuguri delle vostre camerette". Cavolo, quanto è vero. Senti il verso delle anatre, senti le nuvole che cadono, senti il rumore del fiume che nasce.  

lunedì 21 ottobre 2013

Solo per questa sera

Solo per questa sera. 
Lasciate che creda che Chiaralabrava sia tornata, lasciate che molli l'ancora delle mie ballerine e osi un tacco 7, lasciate che metta gli orecchini rossi delle grandi occasioni per andare a ritirare un premio. Lasciate che creda di essere il futuro imminente di questo mondo, lasciate creda che i progetti, le conferenze, i festival dl cinema e della letteratura, le gare di voga e i concorsi fotografici siano pensati apposta per me. Lasciate che mi riempia la bocca e le orecchie di formazione, ricerca, sostenibilità, didattica, lavoro, dipartimenti. Lasciate che veda in un video i luoghi che frequento ogni giorno, lasciate che creda che siano belli anche con la pioggia. Lasciate che creda di essere importante.
Solo per questa sera. Perchè fa bene all'autostima. 
Perchè domani è un altro giorno di studio, di the caldo e cioccolata, di evidenziatori gialli, pigiama rosa, capelli spettinati, occhiaie e penne nere. 

venerdì 11 ottobre 2013

Ragazzi

Ragazzi che mi presentate relazioni piene di progetti, che mi costruite in quattro e quattr'otto un incontro, che volete svegliarvi con allegria;
Ragazzi che mettete a disposizione casa vostra a volte senza chiedere ai vostri genitori, che mi dite che avete bisogno di discutere e fate di tutto per poterlo fare, che inventate giochi;
Ragazzi che mi fate leggere il libro della vostra vita, che mi rendete partecipe dei vostri sogni, che mi telefonate quasi tutte le sere per farmi sapere che il vostro progetto sta andando avanti bene;
Ragazzi che avete fiducia, che non avete paura (e quanto vi invidio!) di sbagliare, che rendete ogni cosa un'avventura;
Ragazzi che mi chiamate durante uno dei vostri incontri solo per dirmi "CIAOOOOOOOOOOOOO!", che mettete il vivavoce, che mi scrivete messaggi pieni zeppi d'affetto;
Ragazzi con cui passiamo le serate su whatsapp a mandarci cuoricini, che mi invitate ovunque, che ogni tanto mi ricordate da dove vengo; 
Ragazzi che immaginate il futuro con fiducia, che vi mettete in ascolto dell'altro, che siete capaci di coinvolgere a cantare anche il più stonato e timido di voi;
Ragazzi che mi regalate una maglia con le vostre firme, che mi abbracciate forte, che piangete sulla mia spalla, sicuri di poter contare su un pacchetto di fazzoletti;
Ragazzi che mi riportate alle cose che contano, che mentre sono persa a pensare a cifre e numeri mi ricordate che l'essenziale siete voi, che sapete come far tornare il sole quando sul mio viso minaccia il temporale;

Ecco, ragazzi miei, io sono estremamente contenta e orgogliosa di voi. 
Vi voglio un sacco bene. 
 

giovedì 10 ottobre 2013

Montone alla menta

Credo che la ricetta del montone alla menta sia la cosa più lontana da una lezione di storia di cui io abbia memoria. 
Questo qua batte Gigi. 

E il pieno

E basta poco per vivere un'avventura. Basta lasciarsi trasportare. E forse allora non importa quale colore decidi di dare alla tua via, quali sogni hai, quali paure. Non importa se hai a disposizione una macchina, un'amica, musica da cantare, una strada davanti a te. E il pieno di benzina appena fatto.

lunedì 30 settembre 2013

Oggetti speciali, persone speciali

"Ogni Pokemon ha bisogno dei suoi oggetti speciali per fare il salto di qualità... e tu hai bisogno di persone speciali. Noi siamo qui per questo".
 
Sono messaggi che fanno cominciare bene una giornata che prevedi lunga e molto molto molto difficile.


sabato 28 settembre 2013

Le storie di chi ci cammina accanto


[volti sconosciuti]
Non sai mai quante storie si nascondano accanto a te finché non stai in silenzio e lasci all'altro il tempo di aprire il suo cuore. Non lo sai finché scartabelli e ti chiudi in uno stanzino invece di mollare le scartoffie e sederti in cerchio con le altre, finché non ti ricordi che dietro alle liste di nomi ci sono delle vite. Non lo sai finché continui a credere che chi ha più bisogno della tua attenzione sia la ragazzina paraplegica quando invece anche la tua compagna di avventure nasconde dentro alla sua divisa grandi dolori. Non sai chi ti cammina accanto finché non ti metti da parte e resti in ascolto. E non è mica facile restare in ascolto, eh no. Perché c'è sempre in agguato la tentazione di interrompere, di parlare sopra, di spostare altrove la propria attenzione, di invadere lo spazio altrui con il proprio io. Ma chissà perché ci sono occasioni in cui ascoltare è più semplice, in cui esserci per l'altro diventa naturale come bere, respirare. 
Questa settimana, passeggiando lungo un fiume sotto un caldo sole di setttembre, ho scoperto la storia di una nonna coraggio, una signora piccola ed elegante che, nonostante se stessa e le sue paure, mantiene fede ad una promessa. Una donna precisa nel suo servizio a cui di tanto in tanto si intravedono le lacrime dietro gli occhiali dalla montatura rosa antico che con molta fatica tiene insieme i pezzi della sua famiglia, che si illumina quando vede una foto della sua nipotina. Una nonna dolce come tutte le nonne e coraggiosa come tutte le mamme, una signora splendida di cui, per un sette giorni, ho avuto la fortuna di essere stata "ombra, gambe, mani, orecchie... e a volte anche testa". Accogliere questa storia è stato doloroso, perché è significato (e significa ancora e per sempre) custodirla, quindi tenerla vicino al cuore e perciò schiacciare un po' quelle che c'erano già per darle lo spazio che merita. Ma è stato anche un grande onore e per questo sono profondamente grata.  
Mi viene da pensare che un po' di questa magia sia rendere quotidiano lo straordinario: probabilmente ad altre coordinate non avrei ballato davanti a tutti e non avrei ascoltato quella nonna. E allora è vero che ciò che dai ti torna moltiplicato: una carezza diventa un abbraccio, uno sguardo diventa una risata, un sorriso diventa una nuova amicizia. Scendo dal treno e riprendo la mia vita dallo stesso punto in cui l'avevo lasciata una settimana fa. Sì, dallo stesso punto, ma con una luce più brillante negli occhi data dalla consapevolezza di essere stata, almeno per un po', porto sicuro per una storia che aveva bisogno di quiete. 

sabato 21 settembre 2013

Ancora

Altro giro, altra corsa, altra valigia, altro compito, altri amici, altra gioia.

venerdì 20 settembre 2013

Ritmi

Il brontolio del caffè... le sferzate del vaporetto sull'imbarcadero... la danza delle pagine... la colonnina che si illumina di verde all'entrata della biblioteca... il trillo della tessera della mensa... il treeuroesettanta della cassiera... il passo che si distende... le gambe che salgono i ponti... le grandi navi davanti alla Piazza... il sole che si nasconde dietro le cupole... le onde della penna sul quaderno... il the con le coinquiline... le note del pianoforte nella calle... il respiro pesante della compagna di stanza... 

venerdì 13 settembre 2013

Se l'albero si allarga all'improvviso




[fonte foto: web]
 


Alzi la mano chi non ha un cugino, uno zio, una cognata o una sorella nella terra dei canguri. 
Se qualcuno mi avesse detto una frase come questa io, fino a qualche giorno fa, l'avrei alzata. Poi quasi dal niente sono comparsi questi due che dichiarano di essere nipoti di un fratello di mio nonno; stanno girando l'Europa e allora in quattro e quattr'otto abbiamo organizzato un incontro, ci siamo dati appuntamento in laguna ed eccomi qui, questa mattina, a cercare tra la folla di turisti due ragazzi poco più che trentenni che portano il mio stesso cognome. Li trovo quasi subito. E' subito festa. La prima cosa che mi chiedono è: "è vero che tuo nonno aveva il dito mignolo che non si distendeva bene?" Ad essere sincera è un particolare che avevo completamente dimenticato e mi sorprende che i due Cousins mi chiedano proprio questo. Non so nemmeno chi abbia potuto raccontarglielo. Sorrido. Sì, il nonno aveva il mignolo accartocciato. Tra noi si crea subito sintonia e tra un ponte e l'altro parliamo della famiglia, di chi è figlio di chi, loro mi raccontano tutto quello che io non sapevo. Scopro che il nonno aveva tre fratelli sparsi per l'Italia e per il mondo, che ognuno di loro ha avuto almeno un figlio e che quindi io non sono che uno dei rami di questo nostro albero. Mi mostrano l’immagine di un albero genealogico che non so dove abbiano recuperato e in effetti ci sono anch’io, lì sulla destra ad un nome di distanza da quello dei miei nonni. Io descrivo le gondole, le chiese e le calli che attraversiamo purtroppo non bene come vorrei, devo semplificare molto, non riesco a dire per bene quanto sia bello e difficile vivere qui. Loro sorridono sempre, si guardano intorno, fotografano, non fanno che ripetere "bela Venezia", sembrano un disco rotto. Visti da fuori sembrano due turisti come tanti ma dalla mia angolatura sono un filo che mi ricollega alla famiglia. "Com'era tuo nonno?" mi chiede uno dei due mentre l'altro sta immortalando una barca. Oh, Carlo! Come faccio a dirti com'era mio nonno? Come faccio a dirtelo senza uno dei suoi quadri davanti? Come faccio a raccontarti in questa lingua che non è la mia il marrone dei suoi occhi, il rosso delle sue coperte, il blu della sua penna sulla settimana enigmistica, il bianco dei suoi golf, il verde del suo dizionario, il bordeaux scuro del suo Tavernello? Come faccio poi a dirti di come tutti questi colori fossero così armoniosi in lui, di come li sapesse usare bene per colorare il mondo? "He was cool”. Perdonami nonno, cool  è un termine che stride addosso a te. “And I loved him very much”. Già meglio. Giriamo quasi senza meta per la città finché scopriamo che alle Gallerie c’è una mostra sui disegni di Leonardo. Il Cousin più giovane è appassionato di Leonardo e scopro che in casa ha una riproduzione dell’Uomo Vitruviano. Neanche a dirlo due volte, mentre il Cousin più vecchio deve tornare in terraferma, noi entriamo. Vorrei raccontare a questo australiano delle Madonne di Bellini che prima hanno come sfondo il drappo verde e poi il paesaggio, del fatto che ci siano millemila interpretazioni della Tempesta di Giorgione, del ramarro nel quadro di Lorenzo Lotto. Non ci riesco, il mio inglese mi limita molto. E' quando ci troviamo davanti al famoso Uomo ma soprattutto davanti alla Scapigliata che provo davvero la sensazione che l'arte abbia un linguaggio universale. Siamo entrambi rapiti dalla delicatezza del viso, da quel sorriso non meno enigmatico della più famosa Gioconda, dalle linee pulite e da tantissimi altri particolari che i nostri occhi catturano. Per la prima volta da quando ci siamo incontrati restiamo zitti. Vorrei che mio nonno fosse qui, adesso. Ci risvegliamo dal torpore perchè ho un treno da prendere e non posso perderlo. Ci rimettiamo in marcia sbirciandoci a vicenda, come a carpire un denominatore comune che ci unisca ancora di più, che ci tenga saldi al ramo del nostro albero. E mentre salgo in treno, mentre il regionale esce dalla laguna mi sorprende uno di quei tramonti presenti sulla maggior parte delle cartoline. Il cielo ha tutti i colori della scatola dei Giotto e questi si moltiplicano nell'acqua sotto i binari. E allora mi viene da sorridere e penso al nonno. Me lo immagino in piedi davanti alla tela intento a colorare questo tramonto. Lui dipingeva in silenzio ma per questa volta voglio pensare che chiacchieri con il fratello emigrato dall'altra parte del mondo mentre con una punta d'orgoglio sussurra: "Ma l'hai vista Pietro quant'è bella mia nipote?".

giovedì 12 settembre 2013

Il tetris delle lezioni





 [fonte foto: web]

Grazie Università perché mi fai giocare a tetris con gli orari delle lezioni. Grazie di cuore, è molto divertente provare tutti gli incastri possibili. La partita è compresa nelle tasse, vero?

mercoledì 11 settembre 2013

martedì 10 settembre 2013

Primo giorno di scuola, prima elementare


 


Domani è il primo giorno di scuola di Cugino, un bambino occhialuto decisamente scatenato, che si vede già guidare un vero camion dei pompieri e che, come i suoi genitori, adora passare le domeniche in montagna a raccogliere funghi. 

Dicevo, domani è il suo primo giorno di scuola, destinazione prima elementare. Oggi sono passata a casa sua per portargli un piccolo regalo d'incoraggiamento e l'ho visto piuttosto emozionato. Sono stata accolta al grido di "Chiaraaaaaaaaaaaa!!!!!!! Domani vado a scuolaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!", frase che ha continuato a ripetere mentre scartava il mio pacchetto. Dentro ha trovato un dizionario illustrato della lingua italiana e un atlante geografico con l'inserto di un atlante storico dell'Italia (edizioni Giunti Scuola, niente paura). "Domani porto l'atlante a scuolaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!". Ok, gli è piaciuto.
Prima di andare via mi sarebbe piaciuto dirgli due cosine, ma mi sono resa conto che ad un bambino di cinque anni e mezzo è sufficiente dare un buffetto sulla guancia. 
Avrei voluto dirgli di tenere aperti occhi e orecchie perchè domani comincia un'avventura bellissima e travolgente e ci saranno un milione di cose da conoscere, libri da sfogliare, poesie imparare, conti da far tornare. Avrei voluto dirgli che tra i banchi non mancano mai i momenti di assoluta allegria, che le merende condivise sono quelle più buone e che le maestre sono quegli angeli custodi di cui ti ricorderai per il resto dei tuoi giorni. Avrei voluto dirgli che con i compagni di classe si crea una magia che non si dissolverà mai più, perchè ci sarà sempre un sorriso a tenerti legato alle persone che hanno imparato a leggere assieme a te. Avrei voluto dirgli di ricordarsi il primo giorno di scuola della sua vita, di premerselo bene nel cuore. 
Ma gli ho risparmiato tutto questo. 
Perchè il bello della scuola è scoprirlo giorno dopo giorno.

lunedì 9 settembre 2013

L'esame su Robin Hood


[fonte foto: web]

So a memoria tutti i brani della versione disneyana di Robin Hood... mi daranno la lode. Perciò ciao, vado a studiare a Nottingham. 
E poi dicono che a Storia non ci divertiamo, tsé.
 

Ho deciso

Ho deciso che ci sono delle sfumature. 
Ho deciso che da un punto apparentemente di non ritorno si può tornare. 
Ho deciso che si lascia sempre una seconda possibilità. 
Ho deciso che chiunque ha diritto di avere una spiegazione. 
Ho deciso che chiunque ha diritto di dare una spiegazione. 
Ho deciso di rimanere fedele a me stessa. 
Ho deciso di farlo senza escludere gli altri.
Ho deciso che per una sera posso smettere di essere un'acacia.
Ho deciso che per una sera posso essere una betulla. 
 

domenica 8 settembre 2013

La bici senza cambio è una cosa semplice

" E di' a Tiziano Ferro che l'amore non è una cosa semplice. La bici senza cambio è una cosa semplice, le torte nelle scatole della Cameo sono cose semplici, il velcro nelle scarpe è una cosa semplice, l'amore no. L'amore è un puttanaio mai più finito. E' un guazzabuglio che ci rende pirla e felici e subito dopo pirla e disperati". 
 
Luciana Littizzetto

sabato 7 settembre 2013

Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che PACE!

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare, 
preparare la tavola 
a mezzogiorno. 
 
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
 
Ci sono cose da non fare mai:
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra. 
 
G. Rodari

Lo stupore dei fiori di montagna

Credo che il fatto di cogliere le cose più piccole abbia a che fare con lo stupore. Lo stupore dei bambini, intendo, quello che fa notare un sasso a forma di cuore e osservare una rana nel giardino. Quando mamma e papà mi portavano in montagna a camminare, per non farmi stancare in fretta, mi facevano notare i fiori lungo il sentiero: genziane, campanule, gerani... guardavo i fiori e mi stupivo di come potessero nascere e crescere in un terreno scosceso, o lungo il bordo di un burrone. Penso che questo stupore mi sia un po' rimasto e ne sono felice. Ne parlavo giusto qualche giorno fa, davanti ad una coppa piena di frutta: non ho pentole d'oro, non ne ho mai avute, ma sono capace di vedere intorno a me tante ciotoline preziose, oguna diversa dall'altra, ognuna speciale a modo suo, perfetta nella sua imperfezione. A cinque anni i fiori lungo i sentieri delle Dolomiti mi hanno insegnato questo. E oggi? Oggi eccomi sorridere davanti ad un quadro, a dei vasi rossi e neri, alla piazza che si illumina di quella luce dorata alle otto del mattino.

lunedì 2 settembre 2013

Yes!

[fonte foto: web]
 
Settembre, mese d'incontri.
Che meraviglia. 

venerdì 30 agosto 2013

Nientepopodimenoche

E' un tranquillo pomeriggio di sole, sei andata a passeggiare al parco con un'amica, torni a casa e accendi il computer e controlli la posta elettronica. 
Nella casella personale tutto regolare, un po' di pubblicità giornaliera. 
Nella casella di posta dell'Università invece fa capolino una mail del Rettore in persona che esordisce con "Cari Colleghi..." e prosegue con delle notizie su dei cambiamenti di personale e dell'organizzazione, commenti circa i risultati di ANVUR (che cosa sarà mai 'sto ANVUR?).
Ora.
Io credevo di essere ancora una studentessa... capace, seria e interessata al mestiere, per carità, ma pur sempre una studentessa. 
Devo essermi persa più di qualche passaggio.

Adoro la città alle otto del mattino



Adoro la città alle otto del mattino. 
Mi piace quella sua luce dorata, regalo del sole che nasce dal fiume; mi piace sentire il ritmo dei tacchi delle impiegate sui sanpietrini e veder sfilare davanti ai miei occhi un’infinità di ventiquattr’ore. Il trucco è fresco, la matita nera è al suo posto, nella rima interna dell'occhio, il rossetto non è già sparito dalle labbra e il profumo al muschio bianco non è evaporato. La città ha appena ingranato la prima, va piano, si possono vedere i pensieri di chi ti passa accanto. C'è chi si ripete mentalmente la lista degli appuntamenti e delle commissioni da fare entro sera, chi pensa alla spesa per il pranzo della domenica e chi, come me, non pensa a niente e si lascia guidare dai suoni e dai profumi delle otto del mattino. Le borse sono quasi vuote, la musica dei bar non è troppo alta perché, forse, non ci sono ancora preoccupazioni da spazzare via e i battibecchi con le colleghe non sono ancora iniziati. La musica, a quest'ora, ha solo il compito di dare il giusto tono alla giornata. E scusa se ti par poco. 
C'è una strana magia alle otto del mattino in città. 
Sembra che questo oggi abbia tutte le carte in regola per essere un giorno splendido.