"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

venerdì 29 giugno 2012

Quarto e ultimo giorno di esami ovvero: "Padri e figli: storia di una assenza"


Capelli appena lavati, lunghi e sciolti, ballerine bianche con fiocchetto, orecchini con le margherite e un vestito bianco a margherite blu: questa ero io, questa mattina. Sono arrivata davanti a scuola stringendo in mano la mia tesina dalla copertina rossa, in anticipo, come al solito. Avevo paura? Moltissima e di tutto. Ma quando mi sono seduta sulla sedia e ho guardato uno per uno gli insegnanti che avevo davanti è subito andata via. Ho parlato, parlato, parlato... ho anche sorriso, ho gesticolato poco, ho esposto il mio lavoro e attraverso questo ho raccontato di me. Io ero lì. Con le mie margherite, con la sciarpa dei ragazzi dell'associazione in borsa, con le esperienze famigliari che mi hanno segnata e fatta crescere un po' più in fretta. Non sono niente di più. Mi sono trovata a mio agio, incredibilmente. E poi ci sono state le domande e dove non sapevo rispondere ho cercato di tirare l'acqua al mio mulino, mi sono arrangiata in qualche modo. E poi il presidente della commissione ha annunciato: "il suo esame è finito, signorina" e io mi sono sentita libera. La frase magica che si porta via anni di studio, giorni di paure, molti attimi di sconforto ma anche momenti di gioia vera. Questo esame è finito. La scuola è finita. Davanti a me c'è la vita.  

giovedì 28 giugno 2012

La luce alla fine del tunnel

Domani, ore 8.30: ultima fatica da maturanda. Ho paura? Sì. Di cosa? Di tutto, di arrivare tardi, che mi si incastri il vestito tra le porte della corriera, di non ricordarmi niente, di sbattere la porta troppo forte, di dire delle sciocchezze, di non saper giustificare quello che dico, di diventare logorroica, di inciampare. Maturità è forse anche questo: "prendere il toro per le corna" e stare attenta ad ogni cosa ma farlo con scioltezza e tranquillità. Probabilmente a quest'ora starò rispondendo alla domanda "cosa farai l'anno prossimo" e confesso che è una domanda che mi spaventa quanto tutte le altre. Questo è il mio ultimo giorno da maturanda. Domani sarà tutto finito. Vedo la luce infondo al tunnel.

lunedì 25 giugno 2012

Terzo giorno di esami, ovvero un terno al lotto


Quizzone, tonnara, terno al lotto, strage... tanti nomi per indicare la terza prova, la calamità che affligge noi maturandi alla fine di giugno. Le modalità di svolgimento variano di scuola in scuola, nel mio caso specifico avevamo tre ore e mezza per rispondere in quindici righe a tre domande per materia su quattro materie diverse che a noi, chiaramente, non sono state dette.
Stamani io e le mie amiche siamo riuscite a fare sosta al bar prima di entrare a scuola: per me cornetto alla cioccolata e centrifuga  "antistress" contentente arancia, carota, zenzero e sedano. Piccoli piaceri della vita. Ci siamo ritrovati davanti al portone a sfogliare quaderni e fotocopie ben consapevoli che quel ripasso prima di iniziare non sarebbe servito a niente se non a calmare le nostre coscienze di studenti. Siamo arrivati ai nostri banchini, ci siamo sistemati e per la terza (e ultima) volta si è ripetuto il rito del ritiro dei telefoni, della consegna dei fogli. Matematica, inglese, storia e scienze della terra sono state le materie con cui abbiamo lavorato, in cui siamo affogati e riemersi nelle tre ore e mezza che avevamo a disposizione. Ho cominciato da storia un po' perchè tra quelle scelte è la mia materia preferita nonché quella in cui di solito prendo i migliori risultati. Il commissario esterno ha chiesto la Grande depressione di fine Ottocento, l'Opera dei Congressi e il totalitarismo. Mi sono gestita il tempo abbastanza bene, ho risposto a tutto, ho controllato l'ortografia e ho cambiato materia: inglese. La mia pronuncia è pessima ma oggi dovevo solo rispondere a due domande e produrre un commento su "Il grido" di Munch. Non mi sono neanche sprecata più di tanto, devo essere sincera, ho scritto frasi composte da pochi complementi, meno arzigogolate possibile per ridurre la possibilitàdi sbagliare. Scienze della terra è stata una strage. Veramente. Ho risposto a tutti e tre i quesiti (litosfera e crosta terrestre, condizioni di illuminazione della terra il giorno del solstizio d'estate, effetto serra)... diciamo la verità... gliel'ho menata parecchio. Io e i miei compagni abbiamo notato che la Fulvietta (la prof) non ha neanche scritto il nome del santo giorno, come ad ogni santa (appunto) verifica. Ed infine matematica, la mia spina nel fianco, il sassolino nella scarpa, il mio tallone d'Achille. Credevo fosse difficile, invece dovevo solo enunciare due teoremi, calcolare due cosine e basta. Ho impiegato meno a svolgere questo che le domande di scienze e le ho trovate anche più facili. Deve esserci stato di sicuro un trabocchetto che non ho trovato. Ho dato una letta veloce a tutto, ho controllato le domande critiche e poi basta, stanca ed esausta ho consegnato i fogli senza pensare a niente.
Oggi pomeriggio si fa vacanza, domani riprenderà lo studio matto e disperato.

venerdì 22 giugno 2012

Germania-Grecia: oltre la partita

Dal Corriere della Sera del 22 giugno 2012

Classici ateniesi contro Goethe e Hegel
Un duello di civiltà in novanta minuti

La sfida Germania-Grecia come metafora di un dialogo culturale interrotto

Oltre il match di stasera

Classici ateniesi contro Goethe e Hegel
Un duello di civiltà in novanta minuti

La sfida Germania-Grecia come metafora di un dialogo culturale interrotto
Sbagliò sul punto più importante, il grande Johann Joachim Winckelmann, arrivando all'erronea convinzione, nel cuore del Settecento, che la statuaria e i palazzi dell'antica Grecia fossero bianchi come il marmo. E invece erano colorati. Coloratissimi.
Con questo errore Winckelmann avrebbe perpetuato uno stereotipo duro a morire, ma con le sue instancabili ricerche avrebbe inaugurato un plurisecolare rapporto di venerazione estetica della Germania e dell'Europa nei confronti della classicità greca. Avrebbe costruito il paradigma del moderno classicismo. Germania e Grecia: il classicismo e la classicità. Altro che conflitti sull'euro. Altro che quarti di finale negli Europei di calcio.
Stasera si confronteranno in campo due modelli, due tradizioni, due destini. Il destino della Grecia classica, che nella storia perderà, rispetto alle sfavillanti glorie del passato, sempre più rilevanza. Che vedrà assottigliarsi il suo peso politico. Che conoscerà il declino economico, si avvicinerà al crac finanziario e cercherà in una partita di calcio di riconquistare fierezza e orgoglio di sé rispetto alla strapotenza che oggi sembra schiacciarla. E dall'altra parte il destino della cultura tedesca, che ha messo la classicità greca su un piedistallo. Che ha sconvolto, ispirato, ipnotizzato legioni di scrittori, filosofi, musicisti, artisti tedeschi, tutti inclini a fare della Grecia il loro archetipo culturale, il bersaglio del loro amore sconfinato e della loro maledizione spirituale. Nietzsche folgorato dal sempiterno contrasto tra l'apollineo e il dionisiaco. Schiller che aveva la Grecia conficcata nella mente quando elaborò la contrapposizione tra la poesia degli antichi («ingenua») e quella dei moderni («sentimentale»). Heidegger che scrutava l'Essere, il Divenire, il predominio della Tecnica colloquiando incessantemente con Parmenide ed Eraclito. Un intreccio inestricabile che condiziona tre secoli almeno di cultura europea.
La scoperta di un legame spirituale ed estetico che, certo, ha anche a che fare con una partita di calcio. Con le vicissitudini dell'euro. Con la debolezza della Grecia. L'agonismo olimpico moderno viene riesumato con esplicito richiamo di quello greco. E la riflessione politica moderna ha sempre avuto come interlocutore ideale il modello dell'estetica greca. «La bellezza classica con la sua infinita estensione di contenuto, materia e forma è stato il dono conferito al popolo greco e noi dobbiamo onorare questo popolo per aver creato l'arte nella sua più alta vitalità»: così scriveva Hegel, per il quale lo Spirito del Mondo stava oramai transitando e compiutamente realizzandosi, dalla Grecia mediterranea del mondo antico, nello Stato forte della Prussia dell'Ottocento. E aggiungeva, Hegel: «I Greci vivevano nel giusto mezzo fra la libertà soggettiva autocosciente e la sostanza etica. Essi non persistevano nell'unità orientale priva di libertà, che ha come conseguenza un dispotismo religioso e politico, in quanto il soggetto sparisce, non avendo egli come persona alcun diritto». Tradotto: l'eredità della Grecia è l'eredità della libertà occidentale ed europea e dei diritti individuali («soggettivi») contrapposta all'asfissiante e autoritaria «unità orientale». E che oggi quell'eredità sia messa in discussione dal collasso finanziario, dall'ascesa dei nazisti nel Parlamento di Atene (un tempo palcoscenico ideale della satire di Aristofane), vorrà pur conoscere un'eco in una gara sportiva di interesse mondiale che fatalmente vede contrapposti la schiacciante supremazia politica ed economica della Germania, e la paura della voragine di marca greca.
La Grecia, dal punto di vista storico e politico, non contava più nulla sugli scenari del mondo già da secoli. Quando il romantico Byron, spirito poetico indomito e ribelle, andò a morire per l'indipendenza della Grecia, portava nel suo cuore un mito, non un territorio e un arcipelago di isole la cui irrilevanza appariva, già allora, sempre più evidente. La Roma antica, la prima, quella dei Cesari, si salverà da questa crescente marginalità trasformandosi nella Seconda Roma, quella dei Papi. Atene, invece, sarà soltanto un porto importante come il Pireo. Sarà trasfigurata però con l'imponenza dell'Acropoli. Con la filosofia greca. Con la classicità resa un modello irraggiungibile di purezza e di equilibrio dal classicismo, germanico e non solo germanico.
Germania-Grecia, la sfida tra filosofi: l'esilarante video dei Monty Python.
L'impero britannico si porterà via i fregi del Partenone, da allora oggetto di controversia infinita, ma la cui traslazione indica simbolicamente la marginalizzazione dello scenario ateniese in cui erano nati e di cui si erano spiritualmente alimentati. E un po' di classicità greca venne idealmente trasposta anche a Weimar, relativamente piccola ma centrale località che Goethe, nutrito di cultura classica, porterà a un livello mondiale di fama e di prestigio. Lo stesso Goethe che trasferirà nella storia delle idee elaborate in Germania il conflitto tra spirito romantico, incarnato nella figura del Werther, e sobrietà classica.
Lo stesso conflitto che un secolo dopo, archiviata l'ubriacatura wagneriana in cui la mitologia del Nord aveva tentato di rimpiazzare quella della Grecia mediterranea, verrà ripreso e incorporato nell'opera letteraria di Thomas Mann in cui l'attesa della catastrofe viene drappeggiata con le vesti eleganti di una Kultur . È il classicismo che non viene scosso da una liberatoria estasi dionisiaca, ma da una cupa e apocalittica discesa nel demoniaco. Quando Weimar non sarà più una citazione goethiana della classicità, ma il luogo di una Repubblica che conoscerà la sconfitta e la disgregazione.
Pochi anni dopo, dopo che Heidegger, discettando dell'Essere, conferiva al Führer la missione di riportare la Germania alla grandezza millenaria del passato, Leni Riefenstahl consegnerà con la sua monumentalizzazione epica dell' Olimpiade del '36 a Berlino il tentativo di legare il presente del Reich con la classicità dei corpi degli atleti. Anche in questo caso lo sport dispiega tutto il suo valore simbolico per farsi manifestazione del Potere. E stasera, la classicità oramai passata della Grecia si scontrerà in un'arena sportiva con il classicismo dei nuovi potenti tedeschi che trattano oramai Atene come un debitore refrattario e insolvibile, un minorenne discolo e scialacquatore incapace di sintonizzarsi con i ritmi e le ferree necessità della moderna economia finanziaria. Platone e Aristotele non gareggeranno con Kant e Hegel. E la tragedia greca non verrà declamata in uno stadio molto diverso dagli anfiteatri dove si narravano le gesta degli dei e degli antichi eroi. Ma l'eco di un rapporto di odio-amore tra l'antica Grecia e la moderna Germania, che ne ha voluto prima riesumare lo spirito classico per poi mettere Atene con le spalle al muro nel nome della stabilità economica, risuonerà in uno stadio capace di calamitare l'interesse mediatico globale.
Nella Grecia antica classica si combatteva contro i «barbari» e contro il dispotismo dell'«unità orientale» evocata da Hegel. Oggi i barbari non si sa dove siano finiti. Una gara sportiva, una banale partita di calcio giocata in un clima incandescente, forse ne scoverà una traccia.

Pierluigi Battista

... nonostante io abbia studiato tedesco e i filosofi che la Germania ha regalato al mondo,  tifo Grecia!!!!! E penso ad Aleksandròs, la nostra guida in gita... un Ulisse seduto sul divano.

giovedì 21 giugno 2012

Si fa per ridere

Secondo me è andata così.

Si sono messi in due, con la lista degli autori greci montata su un rullo, uno ha mosso il rullo e l'altro bendato con una penna l'ha fermato. E hanno scelto l'autore.
Per l'opera invece hanno fatto come si fa per estrarre la lettera quando si gioca a nomicoseecittà: uno ha percorso mentalmente i titoli: "Poetica, Retorica, Logica, De Partibus Animalium..." ed è qui che l'altro ha gridato STOP! E così è uscito questo De Partibus Animalium che pare sia un'opera amata nel Medioevo ma che a scuola neanche si nomina... con tutti i programmi da fare, figuriamoci, di certo è la prima a saltare! 
Ma quale parte del De Partibus? Avranno certamente aperto una pagina a caso, oppure hanno sommato le cifre della data in cui si sono incontrati per scegliere come fanno i prof quando interrogano.
E anche per il titolo è presto fatto: hanno preso la frase più bella della parte, modificata e poi, zac, incollata sopra al testo greco.

E' sicuramente stato un bel gioco... ma io non mi sono divertita.

Secondo giorno di esami, ovvero "Non il caso ma la finalità regna nelle opere della natura"


Secondo giorno di esami, prova di greco.
Questa mattina c'è meno ansia e meno paura nei nostri volti: la versione andrà come andrà: se in cinque anni hai studiato la grammatica, bene, se invece a volte hai perso dei pezzi, come me, speri che vada sempre tutto liscio. Salgo le scale (questa volta senza cadere) con il pensiero di sottolineare i verbi, dividere le proposizioni, stare attenta ai participi. Poi, arrivata al mio banchino, estraggo il dizionario GI come fosse una spada: io e lui, oggi, combatteremo contro quindici righe. Il GI è bello: ci sono tutti i rimandi alle forme note dei verbi, le varianti nei dialetti, c'è abbastanza spazio tra una riga e l'altra e una buona dose di frasi fatte; e poi è azzurro, come il mare della Grecia che di tanto in tanto mi torna in mente. Il commissario esterno di matematica circola tra i banchi, percepisce un po' di tensione e per calmarci ci confida che lui di greco sa solo le prime tre lettere dell'alfabeto.
Poi dal piano di sotto arriva la notizia: è Aristotele. Confusione generale. Aristotele non si vede alla maturità dal 1978. Aristotele è difficile. Aristotele usa un linguaggio che capisce solo lui. Aristotele a scuola si traduce raramente. Aristotele si fa in filosofia in terza superiore (in effetti la mia classe in questo è avvantaggiata: a Gigi piace tanto e lo abbiamo fatto per sei mesi in quarta superiore). Aristotele si fa in letteratura greca il tredici maggio e lo si liquida in un'ora. E quindi la prima cosa che fa la prof è portarsi le mani fra i capelli e poi sussurra una parolina poco carina che percepisco anche io che sono infondo al corridoio. Il presidente della commissione consegna i fogli e la prof ci dice di stare "calmi e tranquilli, controllare i verbi, i participi, non lasciare spazi bianchi, perchè posso correggere tutto ma non il vuoto". La prima cosa che noto è il fatto che ci sono frequenti punti in alto e punti fermi, parto a sottolineare, dividere, cerhiare, inscatolare. Nel frattempo apro il mio summakos, il mio fido alleato GI alla ricerca delle parole. Dopo poco più di un'ora dall'inizio la prof legge la versione, io sono già a buon punto (ma con un senso inesistente) e scopro che mi sono completamente dimenticata di tradurre un periodo. Un respiro profondo, un sorriso alla versione e via che si riparte. Da dietro sento una compagna che sussurra all'indirizzo di Aristotele: "Tua madre quella peripatetica" (nel senso di donna dai facili costumi). Non l'ha detto forte ma l'hanno sentito tutti e l'intera classe è scoppiata a ridere. Il presidente ci richiama, la prof dà colpa alla tensione. Le prof di greco si riuniscono dall'altro lato del corridoio, parlano piano ma agitano le braccia, portano le mani alla fronte, scuotono la testa sconsolate. E'quello che faccio anch'io. Con sudore e fantasia arrivo alla fine, copio il testo in bella ma non consegno il foglio. Se non altro da questa lingua cosiddetta morta ho imparato a non arrendermi alla prima difficoltà.
E' stato in quel momento, mentre fissavo il foglio scritto in greco che ho pensato che avevo concluso l'ultima versione di greco della mia vita. "Esame di Stato di Liceo Classico", c'era scritto nel foglio sopra le parole di Aristotele. Mi sono passati davanti agli occhi gli anni ruggenti del ginnasio passati a studiare la grammatica, lo schema delle consonanti (pi-beta-phi, kappa-gamma-chi, tau-delta-theta, psi, csi, zeta) la terza declinazione in ni (leon leontos leonti leonta leon), l'aoristo e le radici... sono cose che non si dimenticano più, che fanno parte di me, hanno posto radici nella mia testa e nel mio cuore. Lancio uno sguardo sconsolato alla versione non solo perchè è l'ultima ma perchè mi è proprio venuta male, non mi piace, ha un senso, ma è il mio, non quello dell'autore. "Tradurre è tradire" ripete sempre la nostra prof... penso che Aristotele abbia un palco di corna da far invidia ad un cervo.
Chiudo il dizionario con un tonfo e consegno i fogli.
Non si torna più indietro.

mercoledì 20 giugno 2012

Attese


Aspettiamo senza riuscire a pensare ad altro, spesso senza cercar rifugio in un libro o in una musica.Ogni squillo di telefono ci fa tremare il cuore, ogni voce vicina ci inquieta; ed è un nuovo dolore, non è questa la voce, non è questo il volto che aspettavamo. E odiamo chi non è colui o colei che aspettavamo.

Stefano Benni

Primo giorno di esami, ovvero "Perdersi nella letteratura e nella lettura"


Primo giorno di esami. 
Alle 8 in punto eravamo fuori dalla scuola, ammassati gli uni contro gli altri nonostante il caldo, perchè è così che funziona in classe mia prima di un compito: tutti ammucchiati intorno ad un quaderno, ad un libro, a gridare domande e risposte. E oggi a maggior ragione. Poi, tanto per farmi riconoscere, sono inciampata salendo le scale e adesso ho il ginocchio fuori uso, una striscia nera come ricordo del mio primo giorno di esami. Ci siamo sistemati nel corridoio, lontani come non lo siamo mai stati e la prof di greco ha fatto avanti e indietro un milione di volte per ritirare telefoni, documenti, tesine, dizionari dei sinonimi e dei contrari (non sapevo che non si potessero usare), per incoraggiarci. I miei compagni c'erano tutti, per la prima volta nessuno era in ritardo, tutti diligenti, tutti vestiti secondo le regole(no pantaloni o gonne sopra il ginocchio, no gente sbracciata..). 
Quando abbiamo visto il presidente con le tracce in mano abbiamo trattenuto il respiro. Gli spunti per produrre il miglior tema di sempre erano lì. La commissaria esterna di italiano ci ha raccomandato la calligrafia e ci ha invitati a "scrivere col cuore"... è stato bello... nessuno me l'aveva mai detto. Finora la cosa più profonda che è uscita dai miei insegnanti prima di un compito è stata "Attenzione alla iota sottoscritta alla fine della quinta riga", anche se è vero che ognuno di loro ha dato il meglio di sé in altre occasioni. Poi ci sono state consegnati i plichi di fotocopie "la cui matrice, ragazzi, arriva dritta dritta dal Ministero". Con un sorriso di sollievo ho notato che non è stata scelta neanche una delle previsioni che avevo letto in giro. Non è più un mistero: c'era Montale per l'analisi, un tema sul labirinto, uno sui giovani e la crisi, uno sul bene individuale e sul bene comune, un altro sulla scienza e sulla responsabilità e le tipologie C e D non le ho neanche guardate perchè sapevo che non le avrei scelte a priori... Ad essere sincera sono partita subito veloce e spedita con il tema sul labirinto, ho solo dato una letta veloce alle altre tracce perchè mi piaceva proprio e ci si potevano collegare tantissime cose. Ho letto i documenti e con sollievo ho scoperto che due su quattro mi erano noti: un passo dell' "Orlando Furioso" e uno tratto da "Il nome della rosa" di Eco, poi una parte delle "Città invisibili" di Calvino, qualche cosa di Borges e dei quadri sconosciuti e invisibili ma questi non li ho usati. Ho soltanto citato le architetture dei giardini delle ville del '700, il labirinto di Epidauro dove si curavano i malati e la versione di greco, che può essere un labirinto se non si ha tra le mani il filo di Arianna per tradurla. Poi mi sono persa (appunto) a parlare della struttura labirintica di scritti vari: "Metamorfosi" di Ovidio, "Ulisse" di Joyce e il flusso di coscienza, "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Calvino. La terza e ultima parte del mio tema è stato un excursus (... mi sento una madamigella colta al momento, ma presto questa sensazione svanirà, non preoccupatevi) attraverso le opere che hanno per tema il labirinto: Dedalo e Icaro, Teseo e Arianna, Hansel e Gretel (...e quando mi sono venuti in mente Hansel e Gretel mi sono fatta un applauso interiore), Orlando Furioso e Umberto Eco.
In tutto questo, paura di non riuscire a finire in tempo, paura di scrivere troppo, paura di scrivere troppo poco, fame, male al ginocchio, caldo. Ma tutte queste emozioni sono anche state il bello di questo primo giorno di prove. Consegnare i fogli con la sensazione di aver fatto del mio meglio è stato fantastico... liberi tutti! Almeno fino a domani...

martedì 19 giugno 2012

Notte prima degli esami


Oggi ho ristampato la tesina in triplice copia, ho dato una letta al programma di italiano, quindi una ripassata veloce ai temi chiave. Per sfizio ho controllato anche gli autori e le tracce papabili: D'Annunzio e Pascoli in cima alla lista dell'analisi del testo e poi Steve Jobs, il ConcilioVaticano II, Titanic e terremoto per le altre tipologie. Ho preparato tutto il necessario sopra la scrivania: penne rigorosamente nere, matite, gomma, dizionari, copie della tesina, piano di lavoro, elastico, fazzoletti, documenti, caramelle. Domani tocca a me. Domani io entro a scuola con la convinzione di scrivere il tema migliore di sempre. Domani sarò completamente sola, seduta ad un banchino troppo stretto, troppo duro, troppo basso, le tracce o non mi piaceranno per niente o non saprò quale scegliere perchè mi piaceranno tutte, non saprò né come iniziare né come concludere il tema, avrò caldo. Domani non mi girerò a chiedere al mio vicino "pssssssss... quale fai?", non mi ricorderò il nome di un poeta, non saprò se coscienza si scrive con la i o no, non ci saranno Bach e Allevi a farmi compagnia. Ma non è ancora domani e Joy me lo riascolto di nuovo. Questa è ancora la mia "notte prima degli esami" e ho un po' di paura e un po' di nostalgia. "Questa notte è ancora nostra" cantava Venditti... anche domani è nostro, anzi, soprattutto domani. Nel tema che domani scriverò ci sarò io. Indipendentemente dal risultato.
Cinque anni di sforzi e fatiche per un tema, una versione, dodici domande e un'ora di interrogazione. E in tutto questo io, con la mia valigia di esperienze scolastiche e non, culturali e non. Dare il meglio di me. Ce la posso fare.   

domenica 17 giugno 2012

Adesso...


... sento in pace col mondo: ho stampato la mia tesina.

venerdì 15 giugno 2012

La fine della primavera

La fine della primavera

Il fiore del pero si stinge e si trasforma nel frutto
dalle uova di rondine i rondinini sono nati.
Quando ci sta difronte il mutare delle stagioni
quale conforto ci reca la dottrina del Tao?
M'insegnerà a vedere i giorni e i mesi volare
senza rimpiangere troppo la giovinezza che muore;
se il mondo transitorio non è che un lungo sognare
non ha importanza alcuna essere giovani o vecchi.
Pure, sempre, dal giorno in cui l'amico mi lasciò
E ho vissuto in esilio nella città di Chang Ling
c'è un solo desiderio che non riesco a domare
ed è che di tanto in tanto per caso ci si ritrovi.

Po Chu

mercoledì 13 giugno 2012

Il riccio e la tartaruga


Apparentemente il riccio e la tartaruga hanno poco in comune: l'uno è un mammifero, l'altro è un rettile, uno dà alla luce i piccoli, l'altro delle uova... ma entrambi sono quadrupedi, sono animali tranquilli (va bene, il riccio non tanto perchè mangia le vipere, comunque per un attimo facciamo finta che sia un animale sereno), entrambi si portano addosso la loro difesa. Per la tartaruga, questa, è anche la sua casa: un monolocale ordinato, praticamente, nel quale nascondersi. Il riccio invece ha gli aculei, con cui difende se stesso e i suoi piccoli, attutisce le cadute, spaventa i nemici. La sua tana è fatta di rametti e foglie ed è sempre a soqquadro. Entrambi, nonostante le difese, se vengono presi dal giusto verso e con delicatezza sanno mostrare il loro lato più tenero e morbido... grazie di cuore, amica mia.  

martedì 12 giugno 2012

domenica 10 giugno 2012

...

Com'era? "Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce"? Infatti poi si fanno stupidate e si allontanano le persone.

45 anni di nonno e nonna


Buon anniversario, nonno e nonna.
(Nonno, complimenti per la pazienza)

L'ultimo giorno di scuola


[Vienna, gemmellaggio nel giugno 2009: una nuvola a forma di cuore sopra le nostre teste]

Infondo il mio ultimo giorno di scuola non è stato tanto diverso da tutti gli altri: gli appunti su Heidegger da prendere, una versione da correggere, quaderni, penne. E un tempo indeciso tra sole e pioggia che rispecchiava i sentimenti che ognuno di noi, ieri, aveva nel cuore: tristezza per la fine di un percorso e nello stesso tempo gioia, speranza per le nuove esperienze che presto faremo. Fuori dalla mia classe c'erano musica, balli e spumante ma io non volevo uscire dalla mia aula. Volevo passare tra le mie quattro mura il mio ultimo giorno da studentessa, con i miei compagni, con i miei prof; volevo osservare il planisfero su cui abbiamo evidenziato i nomi delle località più strane, prendere in mano un gesso per disegnare un cuore grande sulla lavagna nera, osservare dall'alto lo spicchio di città che quest'anno ci ha fatto compagnia. E così ho fatto. Abbiamo passato la nostra ultima ora di scuola con Gigi e la campanella non era ancora suonata quando lui ha raccolto i suoi appunti e li ha sistemati con calma nella borsa nera. Noi lo abbiamo osservato in silezio, un po' come abbiamo fatto con tutti gli altri insegnanti negli ultimi giorni, aspettando anche da lui un gesto, una parola. Poi si è alzato e senza guardarci si è avviato verso la porta. Solo allora ha alzato lo sguardo verso di noi e ha borbottato:"Buona fortuna, ragazzi. Vi auguro di trovare la vostra autenticità". E' uscito dalla porta e ha cominciato a scendere le scale. Proprio allora la campanella ha strillato. E i ricordi di infinite altre campanelle si sono addossati l'uno all'altro, hanno preso vita nelle lacrime ribelli sulle guance... il mio ultimo giorno di scuola ha il sapore del the caldo, quello solubile della macchinetta che ti brucia la gola ma fa tanto bene alla pancia.
Il primo giorno di superiori sono entrata in classe con la convinzione che la strada sarebbe stata dura e in salita ma ricca di chissà quanti fiori meravigliosi. Oggi mi guardo indietro e mi rendo conto che, sì, ho visto i fiori lungo la via; per tutti questi sono immensamente grata. Però adesso che è finito, che tutto è finito, che il liceo è finito, tocca a me. "E' andata", non importa se bene o se male, se il risultato finale sarà quello sperato, se sarà di più o di meno. Non importa se abbiamo rimpianti, speranze, se siamo arrabbiati. Non importa neanche se è stato facile o difficile, gli alti e i bassi, i successi e le cadute, le merende divise, gli appunti, gli incidenti di percorso. E' finito, abbiamo raggiunto la vetta. E la cosa più bella è che lo abbiamo fatto insieme, come alle Meteore, in Grecia, a fine marzo. Per quanto mi riguarda si sono conclusi i cinque anni più difficili, divertenti, densi, intensi, finora vissuti. E ora cosa devo fare? Dove si va? Con chi? Forse adesso non importa neanche questo. Salutare i compagni è stato difficile, chissà quando ci rivedremo, se ci rivedremo... sì, all'esame, ma non conta perchè lì ognuno farà per sé, penserà a sé, non saremo classe. Le nostre strade si dividono qui, fuori dalla scuola, nella pioggia battente.
Un senso di gratitudine pervade il cuore.
E io non so dire altro che grazie.  

sabato 9 giugno 2012

"Qui ho trovato un po' di me"


[Febbraio di qualche anno fa: una gita nel bosco]

"Qui ho trovato un po' di me".
Questo è stato ciò che ho detto alla prof di religione mentre ci salutavamo. Questo è stato soprattutto un viaggio di incontri... di quelli fatti tra i libri parlerò in un altro momento perchè ora mi preme ricordare quello con la prof (o forse dovrei dire maestra?) di religione. Primo giorno di scuola della terza superiore, ancora un' aula qualunque della mia scuola. C'è ancora molta confusione, mentre entra un'insegnante molto bella, ben curata, soprattutto sorridente che non avevamo mai visto prima. "Da oggi sono la vostra prof, sostituisco il signor F." ha annunciato. Si è presentata brevemente e poi si è dato a discorsi vaghi di cui ora non ricordo il contentuto. Solo alla fine si è ricordata di fare l'appello e quando è arrivata a me si è fermata a lungo, nonostante avessi già detto il mio"presente". Mi ha osservata più degli altri, ha sorriso, ma non capivo perchè. "Ma tu alle elementari andavi in quella scuola bianca e blu?", mi ha chiesto dopo un po' e allora io ho risposto che, sì, frequentavo proprio quella scuola lì. E poi "Ciao LaFlautista, sono la maestra Simo". Ero incredula. La mia maestra è diventata prof ed è tornata ad essere il mio punto di riferimento in questi anni traballanti. Così ci siamo salutate, con la promessa di non aspettare più di dieci anni per rivederci, con la gratitudine, almeno da parte mia, per il tempo passato insieme, per i consigli, la pazienza, l'ascolto. In questa scuola ho trovato un po' di me...

giovedì 7 giugno 2012

In cerchio


[Verso la Grecia: il sole si tuffa nell'Adriatico]


"Ore 20.00: pizza di classe".
Così, credo, recitasse l'agenda nel giorno di ieri di tutti i miei compagni e di molti dei miei insegnanti. Posso dirlo? Eravamo tutti belli, ben curati come non ci si vedeva da tempo, forse dalla gita in Austria del ginnasio: ragazzi con la cravatta e ragazze ben pettinate, con addosso tutti i colori delle farfalle. Perfino io, che di solito sono ben ancorata a terra con le mie ballerine, ho indossanto i tacchi delle occasioni speciali. Atmosfera leggera e piena di brio, brindisi in onore dei tempi andati ma soprattutto di quelli futuri, ricordi e speranze da condividere, almeno per una volta, davanti ad un piatto fumante.
E stamani? Stamani a scuola, fedelissimi, con le scarpe da ginnastica e le cartelle piene di libri perchè ci sono ancora appunti da prendere, merende da dividere, esercizi da svolgere... La prof di inglese è l'unica che è rimasta con noi dalla quarta ginnasio e oggi avevamo la nostra ultima lezione insieme. Ci ha disposti a cerchio, come la prima volta che ci siamo incontrati e ci ha parlato dei suoi ricordi di noi, delle pettinature improponibili che abbiamo avuto negli anni, del laboratorio, di quanto, all'inizio, non ci avesse sopportato perchè dicevamo le cose sbagliate al momento sbagliato. E poi dell'arrivo al triennio, della letteratura, dei progetti in comune con la prof di arte, del piacere di stare in classe con noi nonostante la stanchezza, le incomprensioni, la fatica. Ci ha parlato della maturazione che ha visto in noi, dei nostri passi in avanti. E allora anche noi ci siamo sentiti liberi di farle notare qualche piccola fragilità, di darle qualche consiglio per gli allievi che verranno, di ricordarle qualche momento speciale. Mentre i ricordi fluivano da soli per un attimo ho osservato i miei compagni... nel primo elenco ufficiale eravamo ventisette e oggi solo diciannove. Diciannove "centimetri cubi" che, chissà, presto diventeranno decimetri, metri cubi... Daiana, Carla, Cristina, Gaia, Nicole... all'inizio erano solo nomi su un foglio bianco... Gioia, Eva, Lorenzo, Federico... oggi sono i ragazzi e le ragazze con i quali ho condiviso, e condivido ancora, perchè la scuola non è finita, la strada, che sanno essere leggeri e profondi, appassionati, sognatori... Giovanni, Erika, Alessandro, Gloria, Giulia... e domani? Chi saranno, chi saremo? Luisa, Vera, Chiara, Ferruccio, Luana... non lo so e forse ora non è così importante. Per adesso, ad ognuno di loro, il grazie più sincero per aver combattuto tra libri e versioni, professori e bidelli...  o, meglio, grazie per essere cresciuti insieme.

lunedì 4 giugno 2012

Lunedì

Pioggia, racconti del fine settimana, interrogazione la prima ora e consegna di compiti vari le altre cinque. E' un lunedì come tanti, senza nulla di troppo speciale, ma è il mio ultimo lunedì di scuola da studentessa e un sentimento di gratitudine nasce spontaneo. Questa sarà una settimana speciale...