Classici ateniesi contro Goethe e Hegel
Un duello di civiltà in novanta minuti
La sfida Germania-Grecia come metafora di un dialogo culturale interrotto
Oltre il match di stasera
Classici ateniesi contro Goethe e Hegel
Un duello di civiltà in novanta minuti
Un duello di civiltà in novanta minuti
La sfida Germania-Grecia come metafora di un dialogo culturale interrotto
Sbagliò sul punto più importante, il grande Johann Joachim Winckelmann, arrivando all'erronea convinzione, nel cuore del Settecento, che la statuaria e i palazzi dell'antica Grecia fossero bianchi come il marmo. E invece erano colorati. Coloratissimi.
Con questo errore Winckelmann avrebbe perpetuato uno stereotipo duro a morire, ma con le sue instancabili ricerche avrebbe inaugurato un plurisecolare rapporto di venerazione estetica della Germania e dell'Europa nei confronti della classicità greca. Avrebbe costruito il paradigma del moderno classicismo. Germania e Grecia: il classicismo e la classicità. Altro che conflitti sull'euro. Altro che quarti di finale negli Europei di calcio.
Stasera si confronteranno in campo due modelli, due tradizioni, due destini. Il destino della Grecia classica, che nella storia perderà, rispetto alle sfavillanti glorie del passato, sempre più rilevanza. Che vedrà assottigliarsi il suo peso politico. Che conoscerà il declino economico, si avvicinerà al crac finanziario e cercherà in una partita di calcio di riconquistare fierezza e orgoglio di sé rispetto alla strapotenza che oggi sembra schiacciarla. E dall'altra parte il destino della cultura tedesca, che ha messo la classicità greca su un piedistallo. Che ha sconvolto, ispirato, ipnotizzato legioni di scrittori, filosofi, musicisti, artisti tedeschi, tutti inclini a fare della Grecia il loro archetipo culturale, il bersaglio del loro amore sconfinato e della loro maledizione spirituale. Nietzsche folgorato dal sempiterno contrasto tra l'apollineo e il dionisiaco. Schiller che aveva la Grecia conficcata nella mente quando elaborò la contrapposizione tra la poesia degli antichi («ingenua») e quella dei moderni («sentimentale»). Heidegger che scrutava l'Essere, il Divenire, il predominio della Tecnica colloquiando incessantemente con Parmenide ed Eraclito. Un intreccio inestricabile che condiziona tre secoli almeno di cultura europea.
La scoperta di un legame spirituale ed estetico che, certo, ha anche a che fare con una partita di calcio. Con le vicissitudini dell'euro. Con la debolezza della Grecia. L'agonismo olimpico moderno viene riesumato con esplicito richiamo di quello greco. E la riflessione politica moderna ha sempre avuto come interlocutore ideale il modello dell'estetica greca. «La bellezza classica con la sua infinita estensione di contenuto, materia e forma è stato il dono conferito al popolo greco e noi dobbiamo onorare questo popolo per aver creato l'arte nella sua più alta vitalità»: così scriveva Hegel, per il quale lo Spirito del Mondo stava oramai transitando e compiutamente realizzandosi, dalla Grecia mediterranea del mondo antico, nello Stato forte della Prussia dell'Ottocento. E aggiungeva, Hegel: «I Greci vivevano nel giusto mezzo fra la libertà soggettiva autocosciente e la sostanza etica. Essi non persistevano nell'unità orientale priva di libertà, che ha come conseguenza un dispotismo religioso e politico, in quanto il soggetto sparisce, non avendo egli come persona alcun diritto». Tradotto: l'eredità della Grecia è l'eredità della libertà occidentale ed europea e dei diritti individuali («soggettivi») contrapposta all'asfissiante e autoritaria «unità orientale». E che oggi quell'eredità sia messa in discussione dal collasso finanziario, dall'ascesa dei nazisti nel Parlamento di Atene (un tempo palcoscenico ideale della satire di Aristofane), vorrà pur conoscere un'eco in una gara sportiva di interesse mondiale che fatalmente vede contrapposti la schiacciante supremazia politica ed economica della Germania, e la paura della voragine di marca greca.
La Grecia, dal punto di vista storico e politico, non contava più nulla sugli scenari del mondo già da secoli. Quando il romantico Byron, spirito poetico indomito e ribelle, andò a morire per l'indipendenza della Grecia, portava nel suo cuore un mito, non un territorio e un arcipelago di isole la cui irrilevanza appariva, già allora, sempre più evidente. La Roma antica, la prima, quella dei Cesari, si salverà da questa crescente marginalità trasformandosi nella Seconda Roma, quella dei Papi. Atene, invece, sarà soltanto un porto importante come il Pireo. Sarà trasfigurata però con l'imponenza dell'Acropoli. Con la filosofia greca. Con la classicità resa un modello irraggiungibile di purezza e di equilibrio dal classicismo, germanico e non solo germanico.
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L'impero britannico si porterà via i fregi del Partenone, da allora oggetto di controversia infinita, ma la cui traslazione indica simbolicamente la marginalizzazione dello scenario ateniese in cui erano nati e di cui si erano spiritualmente alimentati. E un po' di classicità greca venne idealmente trasposta anche a Weimar, relativamente piccola ma centrale località che Goethe, nutrito di cultura classica, porterà a un livello mondiale di fama e di prestigio. Lo stesso Goethe che trasferirà nella storia delle idee elaborate in Germania il conflitto tra spirito romantico, incarnato nella figura del Werther, e sobrietà classica.
Lo stesso conflitto che un secolo dopo, archiviata l'ubriacatura wagneriana in cui la mitologia del Nord aveva tentato di rimpiazzare quella della Grecia mediterranea, verrà ripreso e incorporato nell'opera letteraria di Thomas Mann in cui l'attesa della catastrofe viene drappeggiata con le vesti eleganti di una Kultur . È il classicismo che non viene scosso da una liberatoria estasi dionisiaca, ma da una cupa e apocalittica discesa nel demoniaco. Quando Weimar non sarà più una citazione goethiana della classicità, ma il luogo di una Repubblica che conoscerà la sconfitta e la disgregazione.
Pochi anni dopo, dopo che Heidegger, discettando dell'Essere, conferiva al Führer la missione di riportare la Germania alla grandezza millenaria del passato, Leni Riefenstahl consegnerà con la sua monumentalizzazione epica dell' Olimpiade del '36 a Berlino il tentativo di legare il presente del Reich con la classicità dei corpi degli atleti. Anche in questo caso lo sport dispiega tutto il suo valore simbolico per farsi manifestazione del Potere. E stasera, la classicità oramai passata della Grecia si scontrerà in un'arena sportiva con il classicismo dei nuovi potenti tedeschi che trattano oramai Atene come un debitore refrattario e insolvibile, un minorenne discolo e scialacquatore incapace di sintonizzarsi con i ritmi e le ferree necessità della moderna economia finanziaria. Platone e Aristotele non gareggeranno con Kant e Hegel. E la tragedia greca non verrà declamata in uno stadio molto diverso dagli anfiteatri dove si narravano le gesta degli dei e degli antichi eroi. Ma l'eco di un rapporto di odio-amore tra l'antica Grecia e la moderna Germania, che ne ha voluto prima riesumare lo spirito classico per poi mettere Atene con le spalle al muro nel nome della stabilità economica, risuonerà in uno stadio capace di calamitare l'interesse mediatico globale.
Nella Grecia antica classica si combatteva contro i «barbari» e contro il dispotismo dell'«unità orientale» evocata da Hegel. Oggi i barbari non si sa dove siano finiti. Una gara sportiva, una banale partita di calcio giocata in un clima incandescente, forse ne scoverà una traccia.
Interessante lettura! Non solo un match calcistico...
RispondiEliminabuon fine settimana