Non saprei raccontare un gioco molto carino fatto questo finesettimana se non così.
Incontrare l'altro in una sala abbastanza grande, con due file di sedie disposte a cerchio, l'una di fronte all'altra. Davanti a me uno sconosciuto, che in un minuto deve parlare di sé rispondendo ad una domanda e al quale io poi devo raccontare di me, sempre in un minuto. Ci sono così tante persone che parlano intorno a noi che è difficile ascoltare l'uomo dal viso buono che ho davanti, rischio di distrarmi ma so che se anche spostassi per un solo secondo l'attenzione altrove perderei qualcosa di veramente prezioso. Un minuto non è abbastanza, avrei bisogno di qualche secondo in più, vorrei spiegarti meglio questa questione del cuore e del cervello, vorrei sapere un po' di più di quella tua tristezza... ma il tempo passa e bisogna cambiare posto ed interlocutore, rispondere ad un'altra domanda. Il gioco continua, conoscendo nuove persone, incontrando come per la prima volta amici di vecchia data. Questa volta ho cinque secondi per guardare negli occhi un altro sconosciuto e un minuto per dirgli cosa ci vedo dentro. Cinque secondi sembrano un'eternità per osservare questo signore, ma un minuto è ancora troppo poco per parlargli del mondo che ci ho visto dentro. Chissà se anche per lui è poco il tempo per vedere cosa c'è nei miei occhi verdi... "Dovresti credere un po' di più in te stessa, fidarti di te..." ...Come hai ragione... Ho avuto la piacevole sensazione che lui abbia visto Chiara e basta, senza ruoli ed etichette o forse nonostante ruoli ed etichette... insomma, mi sono sentita "guardata come una persona" e lo virgoletto perchè non sono parole mie. Siamo andati avanti così per un bel pezzo, cambiando domanda e sedia ogni due minuti. L'ultima domanda voleva che dicessimo perchè noi in quanto capigruppo, consiglieri responsabili, fossimo stati scelti per questo compito. A questo punto, per caso (o forse no) io, la più giovane, l'ultima arrivata, mi sono trovata davanti colui che è al vertice dell'organigramma. Mi è sembrato come il chiudersi di un cerchio, come se due estremi geografici, anagrafici, si prendessero per mano. Io non so bene spiegare perchè proprio io sia qui, posso solo immaginare, supporre... posso solo dire grazie a chi ha digitato il mio numero di telefono e mi ha fatto questa proposta a cui davvero non avrei potuto rifiutare. Il gioco si è concluso con abbracci e applausi, ma soprattutto con la voglia di prolungare quel minuto a disposizione, con la consapevolezza che un dialogo è possibile, che un punto in comune si trova sempre.
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