Non possiamo
non dirci migranti,
in qualche modo.
Abbiamo lasciato un
luogo.
Forse ogni tanto
dobbiamo lasciare qualcosa.
Comunque andiamo verso
qualcosa
(abbiamo visto che se
aspettiamo
non succede niente).
Ci mettiamo in viaggio,
a volte anche
da posti che non
conosciamo.
A volte qualcuno resta
attaccato al nostro filo.
Altre volte sono altri
che hanno
fili migliori dei
nostri.
Non sempre la cosa
migliore
è che qualcuno resti
attaccato al filo.
Possiamo lasciarlo
andare e sentire
che abbiamo fatto la
nostra parte.
Capita di avere
compagni di viaggio
che vanno per i fatti
loro.
Che si interessano dei
giovani a modo loro.
Che qualcuno si senta
in prima classe
e qualcuno in terza
classe.
Magari nelle difficoltà
si impara anche
a fare le cose insieme.
Magari le difficoltà
neanche le avevamo messe in conto.
E presi dal viaggio
guardiamo indietro
e non si vede più
niente, nemmeno il faro.
E guardiamo avanti
e non si vede la linea
dell’orizzonte.
In certi momenti non sappiamo
a che punto siamo.
Forse non sta
succedendo nulla.
E vorremmo tornare
indietro, dove si stava un po’ così
ma con qualche punto
fermo.
Poi ogni tanto si
arriva da qualche parte.
Ci si sente stranieri,
all’inizio.
Fino a quando piano
piano ognuno mette in cantiere la sua storia.
Ed è già il momento di
un altro viaggio, di altri fili.
(NB: non sono riuscita a trovare l'autore di questa poesia... comunque non l'ho scritta io :) )
senza soluzione (di continuità).
RispondiElimina