"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

giovedì 29 settembre 2011

"E fu di Lina dal rosso scialle il più della mia vita"

Ed amai nuovamente; e fu di Lina
dal rosso scialle il più della mia vita.
Quella che cresce accanto a noi, bambina
dagli occhi azzurri è dal suo ventre uscita.

Trieste è la città, la donna è Lina
per cui scrissi il mio libro di più ardita
sincerità; né dalla sua fu fin ad oggi l'anima mia partita.

Ogni altro conobbi umano amore;
ma per Lina torrei di nuovo un'altra
vita, di nuovo vorrei cominciare.

Per l'altezze l'amai dei suo dolore;
perchè tutto fu al mondo, e non mai scaltra,
e tutto seppe, e non sé stessa, amare.

U. Saba

Questa è una poesia che mi fa commuovere.
Ogni volta che la leggo mi viene su il magone.  

mercoledì 28 settembre 2011

Linee e nature


"Il mondo dell'uomo è fatto di linee spezzate, il mondo della natura di linee curve".
Prof di scienze

[foto scattata dalla sottoscritta a Toronto nel 2007]

lunedì 26 settembre 2011

Quando la scuola mi toglie la poesia


Abbiamo incominciato il programma di scienze, che in terza liceo classico si chiama geografia generale e il primo argomento che stiamo affrontando è l'universo. Tutti i dati che al momento sto imparando (zenit, nadir, polo nord celeste, verticale...) stanno togliendo la poesia alle sere passate col naso all'insù ad ammirare l'infinito. Perchè le stelle che vediamo non sono diamanti incastonati su un drappo di velluto blu, ma corpi celesti in grado di emettere luce e radiazioni. E le costellazioni non si chiamano costellazioni, ma asterismi di costellazioni. E le costellazioni, pardon, asterismi di costellazioni, non esistono, perchè le stelle che le formano sono distantissime le une dalle altre. Eppure noi uomini questi punti luminosi li abbiamo uniti e in essi abbiamo visto dei disegni e abbiamo dato loro un nome... chissà se è così per desiderio di potere o insicurezza... E dentro a questi nomi ci sono delle storie mitiche, che ci riportano lontano, agli albori della civiltà.
Prendi Pegaso, la costellazione del cielo di settembre.
Pegaso era un cavallo alato, nato dalla testa recisa di Medusa e venne domato da Poseidone e poi regalato a Bellerofonte che si servì di lui prima per uccidere la Chimera e poi per tentare la scalata all'Olimpo. Zeus, arrabbiato per l'atto di superbia, istigò Pegaso a disarcionare Bellerofonte, che morì, mentre il cavallo alato continuò il suo volo verso il cielo e fu posto da Zeus tra le costellazioni...
Io, a leggere queste cose e a guardare lo spicchio di cielo che dalla mia finestra si vede, mi commuovo.

sabato 24 settembre 2011

Petit Italie tra i Pirenei

I miei nuovi colleghi partiranno per il Gave in questi giorni. Il fiume sarà addobbato a festa per l'arrivo degli italiani, ci saranno colori e spettacoli e quell'abbraccio che solo lì puoi ricevere. Le parole che solo lì puoi dare. La cittadina per una settimana sarà una specie di petit Italie incastonata tra i Pirenei... Sono felice per loro ma ho tanta nostalgia...
A tutti voi, i miei nuovi compagni di avventura, auguri.
Divertitevi e lavorate sorridendo.
Spero che nel vostro cuore rimanga uno spazio per noi del treno corto. Buon viaggio!
(E un abbraccio extra a quanti lavoreranno alla Città dei Progetti e nel mio refettorio)

giovedì 22 settembre 2011

E poi

... e poi ti fai prendere dallo sconforto.
E pensi che le cose non potranno migliorare.
E che ne hai le scatole piene di farti prendere in giro.
E di buttare domeniche piene di belle parole.
E di versare litri di bile.
E pensi che infondo non te ne frega niente.
Che hai una vita da vivere.
Un sogno da coltivare.
Delle sfide da superare.
Una musica da suonare.
Gente da incontrare.
Una famiglia da costruire.
Luoghi da visitare.
E molleresti volentieri tutto.
E chiuderesti volentieri la comunicazione con tutti.
Però poi.
Però poi Cipolla con il tuo cappellino blu in testa ti guarda.
Però poi gli amici che hai fermato dentro al portafoto con la gente del cuore ti sorridono.
Però poi zia Lisa ti dice che "non sei più l'ultima ruota del carro".
Però poi le ragazzette ti chiedono se ci si potrebbe vedere prima dell'incontro fissato perchè sentono la tua mancanza.
E questo rimescola le carte.
E allora ti ricarichi un po'.
E decidi che combatterai. 
Perchè nel profondo ci credi davvero. 
E ti ricordi perchè ti stai dando da fare.
L'abbraccio sincero nella penombra dello scomparto.
Che vorresti tutti imparassero a ricevere.

Perchè io mi arrabbio

Sono una belva. Mi è arrivato il materiale da Roma per cominciare a fare qualcosa di concreto per i giovani della mia sottosezione così, per tastare il terreno ho chiamato i piani alti per discutere insieme a lui e agli altri collaboratori riguardo al suddetto materiale e di tutta risposta ho avuto un "no" secco. "No" e poi certi discorsi che a me non interessano minimamente. Soprattutto quel "tu non capisci" che mi manda in bestia. Non capisco cosa? Che ci sono dei problemi? Lo vedo che abbiamo delle difficoltà, che sono state fatte scelte indipendenti dalla nostra volontà e che adessio stiamo pagando tutti. Però facciamo qualcosa, diamoci una mano a rendere questo un mondo un po' più bello. Ma se mi dici che blocchiamo tutto per almeno un paio di mesi a che scopo lavorare? A che scopo farmi prendere un treno per andare nella Città Eterna? A che scopo farsi in quattro per certa gente? E soprattutto cosa dirò quando dovrò rendere conto dell'operato del territorio? Che per un periodo non lavoriamo? Chi ci rimette la faccia? Io, ovviamente. Forse hanno ragione gli altri: finita la settimana Laggiù non farsi più né vedere né sentire, sbattersene altamente. Invece io no, mi sorbisco tutti gli incontri, passo i miei fine settimana tra gente che ha almeno il doppio della mia età e che a volte neanche mi ascolta. Sono la solita fessa che lavora e poi prende delle mazzate indimenticabili. Perchè spendo tutte le mie energie così? Chi me lo fa fare? Sono arrabbiata, un po' stanca e delusa di certe risposte insensate, di certi comportamenti che seguono poco quello che dovrebbe essere il nostro spirito.
Ha ragione Luciana Littizzetto: ci sono cose nella vita che si risolvono solo con un vaffanculo.
E quindi: vaffanculo.
Di cuore.

[Chiedo scusa per il linguaggio scurrile: di solito sono una damigella con la bocca pulita ma oggi se mi si pungesse il braccio con uno spillo uscirebbe veleno]

mercoledì 21 settembre 2011

La prima prova senza lei

Ieri sera sono finalmente ricominciate le prove del coro. Sono arrivata in chiesa con largo anticipo per studiare un po' i brani per Natale e ripassare gli ultimi argomenti di storia... la realtà è che volevo godermi il silenzio dell'attesa della partenza, la "quiete prima della tempesta" (questa volta in senso positivo), volevo stare un po' con me. Piano piano sono arrivati tutti, prima la mia dottoressa-organista, poi il maestro, poi gli altri. Grande festa e grandi abbracci, sorrisi e felicità nei volti di ognuno di noi. Eppure... eppure i nostri occhi erano sempre verso le porte, nella speranza di vedere arrivare chi non può arrivare, di correre ad abbracciare chi non possiamo abbracciare... C'è Gabriella, la sua mamma, che è nostra corista e alla quale noi non sappiamo cosa dire. Che riusciamo a malapena a guardare perchè non possiamo nascondere la tristezza dell'anima. Perchè è la prima volta che ci vediamo tutti da quel giorno. Perchè la prima volta che ci guardiamo negli occhi gli uni gli altri in questa chiesina. Non è la prima volta che cantiamo senza di lei, ma è la prima volta che cantiamo con la certezza che lei non sta lavorando, ma è Altrove. In quell'Altrove in cui tutti noi crediamo. C'è il vuoto che lascia il suo sorriso, il suo posto tra i miei contralti silenziosi. Ci sono le parole che non sappiamo usare, la voce che è il nostro strumento di espressione e che ora esce a fatica. C'è il silenzio a cui non siamo abituati. Il don vuole dire qualcosa, io non riesco a seguire il discorso: mentre il mascara mi cola sulle guance tengo stretta la mano del maestro. Parla anche il Carlo-il-direttore e lo fa con una delicatezza straordinaria. In mano tiene la cartellina bianca sulla quale lei aveva scritto il nome per identificarla. Dice che l'ha trovata tra le altre cartelline e che la terremo tra le nostre dentro all'armadio delle parti. A prove invece la tireremo fuori e così sarà ancora più vicino a noi. Poi piano piano abbiamo incominciato a risvegliarci dallo stato di malinconia e tristezza in cui eravamo finiti e abbiamo cominciato a cantare, a scherzare e a ridere come sempre. Abbiamo iniziato a studiare il Tollite Hostias di Saint-Caens, qualche nozione di teoria musicale... Ma quella cartellina bianca è rimasta lì sopra l'organo, a guardarci tutti. Immobile, eppure viva. Per ricordarci la nostra Anna Maria che dal Cielo ci ascolta e ci guarda e, chissà, ride insieme a noi.