"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

mercoledì 13 ottobre 2010

Una rampa difficile da percorrere

Salire la rampa che porta all'entrata della mia vecchia scuola media è stato più complicato del previsto. Piedi di piombo, nodo allo stomaco e groppo in gola. Quei dieci metri sembravano non finire mai. Ma alla fine ce l'ho fatta. Ho aperto quella porta e sono entrata nel passato. Quindi sono passata in bidelleria, ho chiesto dei miei vecchi prof e ho scoperto che di tutti quelli che avevo sono rimaste solo in due: la prof di storia e quella di scienze. Gli altri sono andati in pensione, si sono trasferiti...
Comincio dalla prof di storia. Classe 1^B. Busso. Aspetto la risposta. Entro. Vengo accolta da grandi feste dalla mia insegnante, che mi saluta calorosamente e mi presenta alla classe. Mi colpiscono i numerosi cartelloni alle pareti, la lavagna col proiettore, le "tapparelle tecnologiche", i banchi piccoli. Presentazioni di rito, rapidi ricordi, qualche frase che comincia "quando io ero qui...".
Mi tornano alla mente gli anni che ho vissuto tra queste mura... anni di crescita, nello stesso tempo terribili ed eccezionali. Non amavo per niente la mia classe, mi sentivo fuori posto. Ma adoravo i miei insegnanti. Vedevo in loro delle persone capaci, che stavano lavorando per me.
Le numerose note di classe, il teatro, le proiezioni ortogonali, la tabella dei climi del mondo. Uno scambio di lettere.
Parlo con disinvoltura a quella classe del mio indirizzo di studi, dei miei attuali professori. Riepilogo alla mia prof gli ultimi anni, lei mi racconta rapidamente dei cambiamenti della scuola. Poi la lascio ai suoi allievi. Un abbraccio, un sorriso e me ne vado.
Adesso arriva il bello.
La prof di scienze è nell'aula azzurra a scrivere. La porta è aperta. Busso ed entro. La prof è contenta di rivedermi. C'è stato un tempo in cui l'ho odiata con tutta me stessa. Mi metteva soggezione, mi ha fatto odiare la sua materia. L'ho apprezzata, ovviamente, solo negli ultimi mesi di terza media. E'stata lei che mi ha detto, un giorno che "gli insegnanti non possono essere amici degli allievi". Frase, questa, che in questi anni di scuola mi ha accompagnata e mi ha fatto riflettere molto. E mi ha permesso di capire che aveva ragione lei: il prof amico, alla fine dei conti, ti frega, in un modo o nell'altro. Quello che si dimostra più serio, che tiene le distanze è il vero educatore. E non ti prende in giro. Mai.
Anche a lei ho raccontato le ultime vicende, la mia vita al liceo, i miei compagni...
Le prime mappe concettuali, la tanto attesa gita a Roma, il corso di latino, la palla-tamburello, gli esami.
Lei mi dice che durante i rientri non si fanno più i laboratori, come alla mia "epoca", ma lezione frontale. Penso al laboratorio di francese in seconda media, quando, con la scusa di una festa tradizionale d'oltralpe, cucinammo in aula insegnanti una quantità industriale di crepes alla Nutella. Un momento epico. Se lo raccontassi agli studenti delle medie di oggi mi prederebbero per matta.
Evochiamo il passato, immaginiamo il mio futuro.
Adesso non ho più paura di questa prof, non mi spaventano più i suoi occhi di ghiaccio.
Il tempo è tiranno, mi piacerebbe stare qui ancora per un po', ma il dovere mi chiama.
Saluto la mia insegnante e scendo le scale dell'atrio.
Prima di chiudere la porta dietro di me osservo i muri che mi hanno accolta diverso tempo fa.
Vista da fuori, la mia è una scuola di provincia, una come tante.
In un lampo mi passano davanti quei tre anni.
Una fitta di nostalgia.
Ma è un attimo.
Chiudo la porta dietro di me.
E il mascara cola sulle guance.

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