"Ama e fa' ciò che vuoi".

S. Agostino

venerdì 26 agosto 2011

Due settimane da ostetrica



Lo stage in ostetricia è finito... purtroppo. Non che mi piacesse stare in un angolo senza rendermi utile come mi sarebbe piaciuto e fare lo slalom tra gravide e dottori, per carità, però in questi giorni il reparto per me è stato come un guscio protettivo, un nido, quasi. Didatticamente parlando ho visto molto, mi sono fatta un'idea della professione, ho scoperto cose molto interessanti, ho scartoffiato un bel po'insieme alle altre ostetriche, ho imparato a leggere un'ecografia e ho visto nascere dei bambini. Ho capito che l'ostetrica non è solo quella figura che avevo in mente io (la persona che fa nascere i bambini e fine della storia), ma a volte si trova anche a svolgere compiti meno divertenti, come compilare delle cartelle cliniche e fare prelievi, e che il lato difficile del lavoro non è tanto quello di far partorire delle donne, quanto piuttosto quello di mediare tra le pazienti, i medici e il sistema ospedaliero. Dal punto di vista umano, invece ho ricevuto tanti consigli, tanta forza, tanta speranza. Da questi giorni ho capito questo: se la tua professione è quella dell'ostetrica, al di là delle carte da compilare e dei disguidi con i dottori, tu hai in mano il futuro. Un bambino è il futuro, la speranza che il mondo con lui, per lui, grazie a lui, diventi più bello. E'un miracolo e tu sei solo una delle tante persone che gli girano in torno, perciò non devi aspettarti né medaglie né onori vari.
Il reparto è un microcosmo organizzato e ognuno ha in esso il suo posto preciso. Non mi sono mai sentita un peso per nessuno, a qualunque mia domanda ho trovato risposta, ho scambiato un po' di vita con le altre ostetriche, con i medici e le oss. Mi sono sentita un po'utile anche se per ovvi motivi non potevo toccare niente di mia iniziativa, ho imparato, ho preso un po' di coscienza, sono diventata un po' più grande. Di questa esperienza, oltre ad una mascherina e al mio cartellino identificativo, porterò con me la semplicità di un bambino che dorme, il trambusto delle modulistiche e i ferri per il cesareo, ma soprattutto il battito di un cuore piccolo piccolo, le lacrime di un papà che per la prima volta vede sua figlia...
Percorrendo per l'ultima volta il corridoio del reparto ho salutato mentalmente tutte le mamme e i loro figli, gli ambulatori, la sala d'attesa e il cucinino del personale.
Mi rimarrà nel cuore, tutto questo. Per molto, molto tempo.
Anche se nella vita non dovessi diventare ostetrica.
Grazie ad Alessandra, Ilaria, Veronica, Chiara, Caterina,Laura, Coralba, Francesca, Maddalena, Donatella, Mary, Sara, Luisa, Elisabetta, Lorenza.
Grazie, grazie davvero.

3 commenti:

  1. Mi sa che hai capito il senso. Credo che ostetricia sia un dei reparti più"belli" di tutto l'intero policlinico...proprio per quello che dici tu.

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  2. Da ragazzina, alla domanda: "Cosa vorresti fare da grande?", la mia risposta era sempre: "L'ostetrica!". Poi, il destino ha scelto per me e in sala parto ci sono entrata solo per avere i miei figli. Però, credo ancora che, scartoffie e pubblic relation a parte, sia una professione con una marcia in più.
    Molto bello il tuo post.
    Baci e nastri rossi

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  3. Deve essere stata un'esperienza molto arricchente. Le tue parole lo confermano.

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