C'erano una volta degli ingegneri, dei professoroni che volevano ricavare tra le montagne al confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia una riserva d'acqua per avere energia. Per farlo volevano costruire una diga grandissima, la più grande che l'uomo avesse mai potuto innalzare.
La gente del posto e alcuni studiosi avevano qualche dubbio: il monte avrebbe sopportato il muro? Tra proteste e progetti, a poco a poco, gli abitanti di Longarone, Erto e Casso videro stagliarsi all'orizzonte la diga.
Ma la natura non resse il peso e nella notte del 9 ottobre 1963 un parte del monte Toc precipitò nel bacino artificiale pieno d'acqua e un'onda altissima si riversò sui paesi vicini, Longarone, Erto, Casso, Frasegn, Le Spesse, Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino, Rivalta, Pirago, Faè, Villanova, Cordissago, portando con sé morte e distruzione. Il Piave, diventato una massa d'acqua silenziosa, tornò nel suo letto dopo molte ore, lasciando ai suoi argini vite spezzate, paesi come un mucchio di macerie. Solo la diga, immobile, vegliava ancora sulla valle lacerata.
Ma la vita continuò, sui monti e a valle.
Quest'onda ci insegna che ricordare il passato aiuta a costruire un futuro migliore.
Questa è una storia che va ricordata. Questa è la storia che i nostri nonni ci raccontano. Questa è la storia che non solo gli abitanti di quelle montagne, ma anche noi, gente di pianura, racconteremo ai nostri figli e ai nostri nipoti.
Quest'onda ci insegna che ricordare il passato aiuta a costruire un futuro migliore.
Questa è una storia che va ricordata. Questa è la storia che i nostri nonni ci raccontano. Questa è la storia che non solo gli abitanti di quelle montagne, ma anche noi, gente di pianura, racconteremo ai nostri figli e ai nostri nipoti.
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